lunedì 29 giugno 2009
Appuntamento al 21 luglio ... per "sbarcare" in un mondo di nuove conoscenze. Insomma, è tutta colpa di Galileo
Certamente, anche uno spettacolo di pupi, rappresentato in un teatrino di un sonnacchioso paese siciliano, ha un suo fascino. Ma è un fascino troppo antico, percepibile solo nello stesso sonnacchioso paese e poco oltre. Con qualche pupo malandato, agitato tra quinte posticce, si possono immaginare e rappresentare solo storie molto semplici, della vita quotidiana di un paese un po’ sospeso nel buon tempo antico. Per immaginare, rappresentare (realizzare) storie di società e di mondi futuri, è necessario disporre di strumenti molto più potenti di pupi di legno, quinte e teatrini che possono essere trasportate a dorso di somarello …
Noi, oggi, dobbiamo immaginare società e mondi futuri, quindi, abbiamo bisogno di strumenti molto più potenti dei pupi, delle quinte, dei teatrini e dei somarelli che stiamo usando. Ma andiamo con ordine …
La crisi che stiamo vivendo è sostanzialmente una crisi di conservazione. Essa nasce dal fatto che la società industriale ha esaurito la sua funzione storica ed è necessario costruirne un’altra. Il problema è che non ci stiamo riuscendo.
Ma non lasciamo le cose sul vago. Dettagliamo, concretizziamo cosa significa costruire una nuova società. Almeno (certamente non soltanto) significa le seguenti “cose”.
Dobbiamo ridisegnare il significato del fare impresa. Infatti sembra che la crisi sia superabile solo se le imprese vengono assistite. Sì, l’ impresa, cioè quell’attore che dovrebbe produrre quel valore che lo Stato, poi, decide come distribuire. Ma se chi dovrebbe produrre valore deve essere assistito perché non riesce più a produrre valore autonomamente, allora che senso ha il fare impresa? Si dice che questo sussidiare, che vanifica il senso del fare impresa, deve avvenire solo provvisoriamente … Ma nessuno sa quanto durerà questo “provvisoriamente” … Sembra ogni giorno di più che le imprese rischino di diventare agenzie dello Stato.
Le imprese devono ridisegnare la loro strategia perché il provvisoriamente duri il meno possibile. E devono farlo tenendo conto dei rilevanti cambiamenti di esigenze e desideri delle persone e dell’esigenza di compatibilità con la natura. Ma il fare piano industriale è diventato un esercizio burocratico da lasciare agli “analyst” delle istituzioni finanziarie o degli advisors. Come possono costoro inventare strategie rivoluzionarie, che l’imprenditore possa implementare per far tornare le imprese a produrre valore?
Le istituzioni finanziarie devono valutare la fattibilità dei piani industriali delle imprese, ma come fanno se la cultura strategica, che è la cultura di riferimento, sia di chi fa, sia di chi valuta piani industriali, è troppo primitiva per raggiungere questo scopo?
I piani industriali prevedono, in genere, grandi cambiamenti organizzativi. Ma come è possibile attivare grandi (e veloci) cambiamenti organizzativi, quando appaiono immediatamente resistenze al cambiamento che nessuno sa da dove vengono e come possono essere contrastate?
La sfida del cambiamento riguarda anche temi di grave momento, come la sicurezza sul posto di lavoro. Lasciamo stare le imprese incoscienti che non rispettano le norme. Per quelle, bastano controlli e codice penale. Pensiamo alle imprese che fanno tutto quello che riescono a immaginare, ma non riescono a tamponare disattenzioni, imprudenze, trasgressioni, conflitti. Anche per alleviare questo dramma, è necessario riuscire a determinare un cambiamento che annulli disattenzioni, imprudenze, trasgressioni, conflitti.
Dopo aver esaminato la sostanza (dobbiamo costruire una nuova società) e i dettagli (riprogettare imprese e istituzioni) della sfida che abbiamo di fronte, andiamo ad esaminare gli “strumenti” che stiamo usando per affrontarla. Gli strumenti di analisi della realtà e di costruzione di nuove realtà. Essi sono davvero solo pupi, quinte e teatrini di legno …
Per fortuna (e a nostro demerito), mentre noi stiamo cercando di fare le nozze con i fichi secchi, esiste un cestone di frutta esotica che non ci degniamo neanche di guardare …
Fuor di metafora, per analizzare, comprendere la realtà e per progettarne, costruirne una nuova, utilizziamo solo e soltanto una specifica ed invecchiata visione del mondo: quella proposta da Galileo e da lui riassunta nella famosa metafora: “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. Si tratta di quel modo di guardare al rapporto tra l’uomo e il mondo che è stato definito “pensiero scientifico”. Tentando di specificare, pensiamo che il guardare il mondo porti ad una immagine oggettiva del mondo. Pensiamo che il ragionare “correttamente” porti a costruire verità innegabili. Crediamo fortemente nella linearità delle cose: gli effetti hanno cause e le cause producono effetti …
E’ questa visione del mondo che ha generato la società industriale.
Se l’ha generata, però, non può certo essere lo strumento adatto per superarla …
Ma … nessun problema. A partire da un lontano 1733, è iniziato un percorso “trasgressivo”, che ha portato proprio quelle scienze che costituiscono il fondamento e l’applicazione più rigorosa del metodo “scientifico” (la matematica e la fisica) a scoprire che questo modo di guardare il mondo da cui sono nate, è troppo “ideologico”. Porta a costruire idee, proposte, imprese istituzioni che, proprio perché sono state costruite, diventano immodificabili. Sono state costruite da corrette osservazioni e da un valido ragionare, quindi sono perfette.
La “trasgressione” iniziata nella matematica e nella fisica si è trasferita, poi, nelle altre scienze. Cosicché, oggi, siamo di fronte ad un immenso e diversificato patrimonio di modelli e metafore che, siamo convinti, portano a trovare soluzioni alle sfide che oggi non riusciamo a risolvere. E queste soluzioni si “condensano” in una nuova società.
Ma allora abbiamo davanti una strategia molto semplice per uscire dalla crisi che stiamo vivendo. Giochiamo con pupi e riceviamo in pagamento fichi secchi. Ci lamentiamo che i pupi non ci divertono e i fichi secchi non ci bastano.
Allora proviamo ad abbandonare i pupi …
Arriviamo al il 21 luglio. Il 21 luglio di 40 anni fa il primo uomo pose piede sulla luna: un attrattore che ha danzato da sempre nelle notti e nelle fantasie di tutta l’umanità … Il 21 luglio di 40 anni dopo noi proponiamo un Evento di Fondazione dove racconteremo, a tutti coloro che vi parteciperanno, un pianeta intero di nuove conoscenze. Su quel pianeta porremo tutti il nostro piede incerto. Ma poi accadrà che anche noi correremo. Perché piano piano diverrà un pianeta emozionante. Dove cominceremo a intravvedere la nuova società che è possibile costruire e il processo di governo che permetterà di farlo.
Ancora una volta concretizzando, emergerà (racconteremo) un nuovo significato del fare impresa, si scoprirà come fare strategia in un modo radicalmente nuovo, come eliminare le resistenze ad ogni cambiamento e come superare tutti gli ostacoli nascosti che hanno fino ad ora impedito di costruire sui luoghi di lavoro vere e proprie comunità di sicurezza e di benessere. Emergerà un nuovo modello di istituzioni, di stato sociale e di modalità di fare politica …
Un Evento di Fondazione … abbiamo usato questa parola perché si tratta di un primo passo. Abbiamo in mente una meta più ambiziosa: l’organizzazione di un vero e proprio Expo della conoscenza, nel quale raccontare, esemplificare, far vivere, rendere disponibili i nuovi modelli, le nuove metafore che sono nati dopo quel 1733 in tutte le scienze naturali ed umane. E i loro possibili utilizzi.
Per partecipare alla’Evento di fondazione: francesco.zanotti@gmail.com
C'è un leitmotiv che accomuna tutte le epoche storiche di crisi, si chiama “riprendere modelli del passato”. Una cosa che fanno tutti, cioè tutte le epoche, intendo. Così alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, così nell'Alto Medioevo, così dopo il Rinascimento. Così oggi.
RispondiEliminaMa senza scandali.
In giapponese il termine crisi è espresso da due ideogrammi, che presi singolarmente significano, rispettivamente, opportunità e perdita.
Ora, senza divagare, vi è un altra cosa comune, storicamente, a tali periodi. Per dirla col il linguaggio di un tipo che si chiamava Gian Battista, Vico di cognome, la rinascita. In che senso rinascita, giusto.
Questo tipo, che poi in realtà diceva rinascenza e non rinascita, sosteneva che un'epoca fa vivere, sostanzia, mette in luce un aspetto che la precedente non era riuscita a fare.
Quindi, due cose: la prima, che un epoca di crisi nasce perchè fa rinascere la crisi che c'era - latente - nella precedente; la seconda, che la nostra pone le basi per la rinascita futura.
E allora?
Allora qui non si tratta, appunto, di pensare al provvisorio, alla crisi che c’è e passerà.
Si tratta di pensare al futuro, nuovo, definitivo.
Un peso un attimo diverso, direi.