venerdì 3 aprile 2009
Un G20 che restyling
Stamattina, 3 aprile 2009, leggo commenti entusiasti sui risultati del G20 concluso ieri. Un successo senza vincitori né vinti titola l'articolo di fondo del Sole 24 Ore, a firma Adriana Cerratelli.
Ma il G20 ha deciso veramente cose che riusciranno a farci uscire dalla crisi?
Prima di rispondere, diamo una occhiata alla crisi ed alle sue cause.
La crisi è generata dal fatto che abbiamo un sistema produttivo che produce cose sempre meno interessanti, usando uno sproposito di risorse naturali; un sistema di servizi che cerca di compiacere questo sistema produttivo, invece che stimolarlo a cambiare. E, poi, è frutto di un sistema finanziario che non ha strumenti per capire le dinamiche di sviluppo del sottostante fondamentale di ogni titolo, cioè il soggetto che noi consideriamo il produttore fondamentale di valore: l’impresa. Ed, allora, rischia di privilegiare le imprese che hanno un grande passato, rispetto a quelle che avranno un grande futuro.
Se la crisi ha queste cause, per uscirne è necessario attivare un grande sforzo di riprogettazione del sistema industriale, del sistema di servizi e di quello finanziario. Ma poi anche di tutta la società che sta intorno ad essi e sulle risorse da essi prodotti si struttura e si sviluppa.
Le misure decise del G20 intervengono sulle cause della crisi?
Riproduco la sintesi delle misure del G20, che propone il Sole 24 Ore in prima pagina:
· Lotta ai paradisi fiscali
· Aumento della dotazione del Fondo monetario internazionale
· Lotta ai superstipendi
· Nuove regole finanziarie.
Sono misure che stimolano la progettazione di un nuovo futuro? Certamente no! Anzi hanno il non voluto, ma reale, effetto di far sopravvivere il presente. Un G20 che fa restyling, insomma.
Cosa avrebbe potuto fare, alternativamente il G20?
La risposta è logicamente molto lineare, ma è psicologicamente difficile da “vedere” soprattutto per le classi dirigenti.
Come si fa a progettare un nuovo mondo? Fornendo a tutti coloro che vogliono impegnarsi a farlo, nuovi modelli e nuove metafore, capaci di condensarsi in una nuova visione del mondo. Così è stato fatto, anche se non consapevolmente, per generare il Rinascimento.
Oggi esiste una “montagna” di nuovi modelli e metafore per capire e parlare del mondo che sono raccolti nel nome “complessità”.
Allora, prima ed a monte degli sforzi di migliorare i mercati finanziari perché rendano disponibili nuove risorse finanziarie, è necessario rendere disponibili nuove risorse di conoscenza: i nuovi modelli e le nuove metafore per progettare un nuovo mondo.
In concreto, il G20 avrebbero potuto organizzare un grande Expo della conoscenza, che avesse l’obiettivo di raccogliere, sintetizzare e diffondere questi modelli e queste metafore.
Ma, forse, è chiedere troppo alle attuali classi dirigenti. Allora, forse, è possibile avviare un movimento dal basso che si ponga l’obiettivo di avviare un reticolare Expo della conoscenza.
Complimenti bellissimo intervento. Purtroppo siamo sempre a riconsiderare i modelli esistenti che non possono essere fonte fresca per progettare il 'nuovo futuro'. Propongo una attenta lettura (che farò anch'io) del nuovo libro di Yunus. Ci sono nuovi modelli di business, credo incomprensibili per le classi dirigenti con cui ci relazioniamo ogni giorni...capaci di comprendere solo le logiche dei numeri del venerdì sera. Eppure questo modello ha dato dimostrazione di non potercela fare...
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