giovedì 16 marzo 2017

LETTERA APERTA AI COLLEGHI ECONOMISTI

di

Paolo Savona



Mervyn King, stimato economista, già governatore della Old Lady, ha concesso un’intervista al vetriolo su Brexit e UE. È stata accolta da un assordante silenzio da parte della nostra Accademia, sempre pronta a scagliarsi contro i suoi membri che sostengono le stesse tesi di King, anche quando sono espresse con più moderazione.. 

Pur essendo il tema centrale delle prossime elezioni incombenti sull’UE, l’intervista è stata relegata a pagina 5 del quotidiano, senza richiamo in prima. Nei giorni precedenti lo stesso giornale si è cimentato con “grandi firme” per sostenere l’opposto di ciò che sostiene King. Poiché le tesi espresse nel loro giornale non sono semplici punti di vista, ma vere e proprie linee politiche dei gruppi dirigenti italiani, ci saremmo aspettati un minimo di reazione, anche perché King era molto stimato nella nostra banca centrale e nei circoli economici.
Meglio dare una dimostrazione di essere aperti al dialogo, facendo seguire il silenzio. Ancora una volta è la confraternita degli economisti italiani a essere passiva e, quindi, conformista: meglio ignorare King che discutere le sue idee, per il vago timore che siano giuste. Gli economisti italiani avrebbero meritato d’essere destinatari da parte del Presidente della Repubblica, l’equivalente della Regina inglese, del quesito rivolto da Elisabetta II ai membri della Royal Economic Society: come mai non vi siete accorti che stava arrivando una grave crisi? Naturalmente l’oggetto del quesito sarebbe oggi l’Unione Europea nata a Maastricht e le scelte successive.
Solo un bravo giornalista, Mario Sechi, nel suo blog List, ha colto l’importanza della testimonianza e sollecitato i suoi colleghi e noi economisti a meditare sull’analisi di King, fornendo una sintesi delle tesi in essa sostenute nel caso in cui, in tutt’altre faccende affaccendati, non avessero il tempo di leggere le quattro colonne del giornale. Riporto anch’io la sintesi per tentare di vitalizzare l’attenzione (le parole sono quelle usate da King):
• “L’impatto della Brexit anche nel lungo periodo sarà molto limitato”
• “La Gran Bretagna ha il diritto di governarsi da sé”
• “Chi ha votato per la Brexit non è razzista, xenofobo o stupido”
• “Le élite hanno perso il contatto con i bisogni della gente”
• “È la Ue ad avere lasciato noi”
• “La Sterlina debole è benvenuta”
• “Draghi è in una posizione impossibile”
• “L’Eurozona precipiterà di nuovo nella crisi senza un dibattito genuino e un reale cambiamento”
• “L’unione monetaria è stata prematura senza l’unione fiscale, un terribile errore”
• I “nuovi partiti politici che incolpano l’unione monetaria… vengono liquidati come populisti, ma le loro critiche sono basate su fatti economici, che le élite non capiscono”
• L’unione fiscale costerebbe alla Germania “Il 5% del PIL indefinitamente. Perciò il conto sarà molto alto …, ma necessario per permettere ai Paesi del Sud di conservare la piena occupazione. Purtroppo i politici tedeschi sono contrari a spiegarlo ai loro cittadini”
• “Stiamo andando verso il disastro”.
Visto che non volete rispondere al quesito che i pochi colleghi che la pensano più o meno come King vi rivolgono da tempo o, meglio, vi siete collocati in maggioranza nel solco tracciato dai gruppi dirigenti del Paese di pagare qualsiasi costo pur di rimanere nell’euro mal costruito e nei vincoli dell’UE, approfondendoli, vedetevela con queste affermazioni di un illustre economista, oltre che serio civil servant.
Invero in passato ci fu anche il documento firmato da sette Premi Nobel sull’insostenibilità dell’euro, che avete accantonato perché dava fastidio culturale o forse perché credete di capire meglio di loro come stanno le cose. Neanche la realtà che vi circonda fiacca le vostre posizioni precostituite. Molti dei giudizi espressi da King sono stati oggetto da parte mia di pacate valutazioni e non devo essere io a rispondere. Mi soffermo solo su un punto, quello che l’attuale gestione dell’UE danneggi il Sud.
Da tempo sono costernato del sostegno che i Sindacati dei lavoratori danno alla tesi di stare nell’UE e nell’euro perché ritengono che uscire danneggerebbe i lavoratori, trascurando di valutare il danno ulteriore per tutti (dato che quello pagato dai disoccupati non basta) del restarci così com’è. Essi si accontentano di politiche compensative da parte di Governi che non sanno affrontare il problema, limitandosi ad affermare che non bastano: accettano infatti gli 80 euro ai giovani, i 500 euro agli studenti, i 450 euro ai poveri e i 200 euro per ogni nuovo nato e così via. Sono inoltre attratti da un salario di cittadinanza o termini simili senza collocarlo in una linea di azione di sviluppo e di compatibilità volta a rimuovere i problemi, non a perpetuarli. Perché avete chiuso la porta agli eredi di Ezio Tarantelli?
Cari colleghi, ritengo che la nostra professione abbia gravi responsabilità perché pecca di indipendenza di pensiero e di coscienza civile. Dovete quindi dare una risposta ai punti sollevati da Mervyn King.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.