domenica 24 aprile 2016

Competitività e meritocrazia nella ricerca????

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per frasi sulla ricerca scientifica

A me sembra, invece, un’apologia della conservazione.
Stamattina sulla Domenica del Sole 24 Ore appare una lettera a firma di alcuni Membri dell’European Molecular Biology Organization e indirizzata al Premier Renzi sullo Human Technopole.
Questi eminenti scienziati sostengono che “Alcuni aspetti dell’iniziativa come annunciata non paiono rispondere adeguatamente ai principi di competitività e meritocrazia che regolano l’accesso e la distribuzione delle risorse per la ricerca scientifica in tutti i Paese avanzati.”.
Ora, innanzitutto io credo non abbia alcun senso parlare di competitività relativamente alla ricerca. Innanzitutto non capisco come si voglia intendere con la parola “competitività”. Essa (nel modo in cui viene usata oggi) si rifà ad una specifica tradizione culturale all’interno della strategia d’impresa. Tradizione culturale per altro superata. Essa intende la competitività come misura della forza di una impresa rispetto ai concorrenti. Si riferisce a giochi rigorosamente a somma zero. Si tratta di una tradizione superata anche all’interno della strategia d’impresa dove sta prevalendo il concetto di progettualità sociale.
Fuori dalla strategia d’impresa di parla di competitività tra Sistemi Paese, ma, come rivela, Giorgia Giovannetti su  http://www.treccani.it/enciclopedia/competitivita_(Enciclopedia-Italiana)/, P. Krugman sostiene che la competitività "è un'espressione senza alcun significato quando fa riferimento alle economie nazionali", ciò perché "quando diversi sistemi economici interagiscono tra di loro non competono in modo antagonista (come le imprese) ma gareggiano all'interno di un gioco che non ha somma zero in quanto tutti ne traggono un reciproco beneficio.
A maggior ragione nella ricerca serve la cooperazione. Forse i nostri intendono che a questo gioco di cooperazione possono partecipare solo i “migliori” perché parlano di meritocrazia. Ma così dicendo peggiorano ancora la situazione. Non ha alcun senso scientifico parlare di merito in assoluto. Un giudizio di merito ha senso solo all’interno di una comunità (di un sistema autopoietico). E, infatti gli autori indicano una comunità dei pari a cui affidare il giudizio sull’attribuzione dei fondi. Ma ogni comunità dei pari sociologicamente è sempre e solo una comunità di amici. E all’interno della comunità degli amici non può che prevalere il valore della conservazione.
Ma ci sono almeno altre due osservazioni sulle quali invito a riflettere.
La prima è che la logica dei “Peer” porta al dramma della specializzazione. Un Signore di nome Henry Markram che ha ottenuto un miliardo di dollari per finanziare le sue ricerche (quindi è molto competitivo. I nostri amici firmatari dovrebbero ascoltarlo, magari con invidia) sostiene che le neuroscienze si sono spezzettate un tanti “comunità di amici” (sistemi autopoietici in accoppiamento strutturale tra di loro) che fanno scoperte di dettagli, ma non danno alcun contributo ad una conoscenza integrata del cervello
La seconda nasce dalla riflessione sulle celebrazioni, l’anno scorso, del centenario della Relatività Speciale. Essa è stata “scoperta” da un Signore che nessuna comunità dei pari avrebbe selezionato per finanzianti. Un Signore che faceva il tecnico di seconda classe all’Ufficio brevetti di Berna e che si chiamava Albert Einstein ...
Da ultimo, posso suggerire di leggere “Reinventing Discovery: the New Era of Networked Science” di Michael Nielsen tradotto anche in italiano da Giulio Einaudi Editore?



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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.