sabato 24 maggio 2014

Se anche la Cina delocalizza... in Africa!

di
Luciano Martinoli


Su molti giornali, italiani e stranieri, è apparsa la notizia riguardante la decisione di diverse aziende cinesi, produttrici di beni di largo consumo, di spostare le loro fabbriche in Africa. Le motivazioni sono da ricercarsi in un più basso costo del lavoro e delle materie prime e importanti benefici fiscali.
Tra i vari articoli sull'argomento desidero citare quello apparso su La Stampa e riportare il seguente passaggio:

"la Cina subisce i contraccolpi della crisi economica mondiale e il premier Wen Jiabao ... assicura che «la stabilizzazione della crescita economica del Paese occupa la posizione più importante» fra le priorità del Governo. E se la Cina è l’approdo delle imprese occidentali che puntano a ridurre i costi di produzione, a sua volta guarda alla ancora più economica Africa."

E' questa la strategia del paese che si candida a diventare la più grande economia del pianeta e, di conseguenza, il motore di sviluppo globale?
Il Wall Street Journal è ancora più esplicito: sono gli stipendi in aumento in madrepatria, e il conseguente desiderio dei mercati occidentali ad acquistare dai cinesi prodotti a basso costo, che spinge anche le fabbriche del paese del dragone a guardare l'Africa.

Dunque il quadro che ne viene fuori è abbastanza chiaro: gli occidentali, ma domani anche altri paesi, vogliono prodotti sempre più economici (indipendentemente dalle prestazioni?), per realizzarli bisogna produrli  in luoghi dove i costi sono sempre più bassi (e rimarranno per sempre tali?).

Non mi sembra un gran modello di sviluppo, eppure i commenti a questa notizia (almeno quelli che ho trovato io on line) non evidenziano questo aspetto.
Il caso Cina è emblematico: quanto ci hanno impiegato i cinesi a pretendere di più (salario, diritti, ecc.)? Meno di dieci anni, forse quindici.
Quanto ci metteranno gli africani a seguire la stessa sorte (mica sono più scemi dei cinesi)? Diciamo dieci anni o forse meno.
E poi, quando anche gli africani diventeranno costosi che si farà? Andremo ad addestrare i pinguini e investire in Antartide (loro con qualche pesce al giorno sono contenti)?
Oppure cercheremo nell'universo qualche pianeta abitato da persone "low cost" ai quali proporre il nostro magnifico (per noi) modello di sviluppo e costruiremo le fabbriche da loro?

Sono quotidianamente sempre più evidenti le assurdità che un modello di sviluppo, basato su quello industriale, sta rivelando. L'aspetto drammatico è che il dibattito sull'alternativa ha sempre il concetto di "industria" nella testa: decresciamo, diventiamo tutti verdi (come gli alieni dei film di fantascienza?), facciamo le imprese più buone, e amenità varie. Cioè in continua alternanza tra buttare il bambino con l'acqua sporca e continuare a fare la stessa cosa di sempre ma con maggior bontà e sporcando di meno.

Certo che con le solite quattro idee che abbiamo in testa, e che continuiamo a coltivare, più di queste sciocchezze non siamo in grado di immaginare.
Ecco perchè il primo passo è dotarsi di risorse cognitive attraverso nuove conoscenze. Solo loro infatti possono fornirci l'ispirazione, per immaginare, e gli strumenti, per progettare, una nuova società (e fornirci anche il processo sociale per realizzarla). E da qui che nasce il nostro invito all'Expo della Conoscenza come evento fondante di una nuova era.
Nel frattempo però ci trastulliamo con l'eterno lamento, lo sterile e ripetitivo dibattito sulle banalità di sempre e... rendiamo, ancora una volta, gli africani schiavi (anche se in maniera moderna)!


2 commenti:

  1. "motore di sviluppo globale?"
    Come diavolo fa un paese mercantilista a diventare un motore di sviluppo globale? Esso è e sarà sempre un enorme sanguisuga.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Biagio
      Sono daccordo con te, ma purtroppo è questa la percezione degli altri paesi e delle istituzioni mondiali. Magari loro la pensassero come te!

      Elimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.