giovedì 4 aprile 2013

Chi è il Francesco della Politica


di
Alessandro Aleotti


Il nostro Paese vive una forte crisi di disorientamento: le mutazioni che la Tecnica (cioè il combinato disposto di pensiero scientifico e razionale con la secolarizzazione di tutti i valori conosciuta come “morte di Dio”) impone all'economia e alla politica sono ben lontane dall'essere comprese. Assordati e rimbambiti dal frastuono mediatico, coloro che presiedono gli snodi politici e istituzionali sembrano alla mercé di qualunque idea bislacca. Se il Presidente Napolitano prende tempo (e fa bene), tutti gli altri non riescono ad uscire dalle gabbie culturali che li tengono prigionieri: a sinistra si rincorrono le proposte folli dei Grillini senza capire che, nell'exploit di M5S, il fattore vincente non è il significato (cioè i contenuti), ma il significante (cioè la rottura); al centro ci si rinchiude nella sicurezza dell’ortodossia europeista che, un pò alla volta, sta azzerando il potenziale creativo del Paese in nome di una “burocrazia della povertà” che sovrasta ogni ambito del vivere civile; a destra si ondeggia tra la nostalgia di un “uomo forte” ormai scomparso dalla circolazione e il tentativo di rifugiarsi nei territori e nelle funzioni lontane da Roma.

La nomina del nuovo Presidente della Repubblica è, ragionevolmente, il perno simbolico di un possibile cambio di paradigma. L’esempio Vaticano è troppo vicino, nel tempo e nello spazio, per non influenzare positivamente la scelta repubblicana. Un “Francesco per l’Italia”, tuttavia, deve possedere caratteristiche molto diverse da quelle del “Francesco per la Chiesa”.

Se in Vaticano il passo verso il futuro si realizza attraverso la riscoperta francescana della forza catacombale della chiesa originaria, per un paese laico e avanzato come l’Italia la strada da percorrere è quella che conduce alla “via della Tecnica”, cioè alla capacità di superare gli scenari politici ed economici del’900, metabolizzando i paradigmi evolutivi che la Tecnica già ci mostra nella fisica quantistica o nella matematica godeliana.

Il prossimo Presidente dovrà essere un simbolo di questo passaggio: non importa l’età (un ottuagenario oggi vale un sessantenne di tre generazioni fa), ma la carica simbolica. Un Prodi, un Amato o qualche presidente emerito della Corte Costituzionale – per quanto tutte ottime persone – non farebbero altro che tentare di riparare i guasti della crisi con gli strumenti novecenteschi che hanno prodotto la crisi stessa. La soluzione proviene da una elezione che apra a simbologie diverse. La “rottura” che il voto a Grillo incarna, va interpretata in una proiezione avanzata che gli stessi Grillini sono ben lontani dal poter comprendere. Finché si scontreranno il conservatorismo restauratore dei “padri nobili della Costituzione” con lo strampalato ventaglio di proposte che la rete amplifica (dalle paranoie complottiste alle invenzioni taumaturgiche) non si potrà compiere alcun passo avanti. Per capire le scelte da compiere occorre dominare la linea evolutiva della Tecnica, non solo nei paradigmi realizzativi, ma anche nei passaggi costitutivi sul piano filosofico.

Tante cose potrebbero essere affrontate e risolte se solo potessimo inquadrare un più ampio “spettro del possibile”: a questo servirebbe un “Francesco” al Quirinale. Dove cercare questa persona? Certo, in prima battuta apparirebbe necessario estrarla da un “altrove” molto lontano dalla costituency politica tradizionale (così come la Chiesa vaticana è andata fino a Buenos Aires per trovare il suo “Francesco”). Tuttavia, salvo pochi grandi titani (in questo momento mi vengono alla mente solo i nomi di Emanuele Severino e Umberto Veronesi), i mondi della Tecnica sono abitati da “formiche operaie” che svolgono mirabilmente il loro compito di “distruzione del passato”, ma che faticherebbero non poco a prendere decisioni solitarie fuori dal mondo fertile del proprio formicaio. Inevitabilmente (salvo un colpo di genio che ci possa portare alla nomina di un “filosofo Re”), il prossimo Presidente della repubblica continuerà a essere un politico. L’importante, però, e che da “buon politico” mostri la capacità, non solo di conservare ciò che il passato ci tramanda, ma anche di “andare oltre” prestando ascolto alla “voce profonda” della Tecnica che – più di ogni altra cosa – definisce la storia del nostro tempo.

1 commento:

  1. La Tecnica... temo che produrrà un altro gruppo di tecnocrati, che per quanto illuminati siano, saranno pur sempre schiavi della loro impostazione tecnica.
    No grazie! Meglio un Francesco in stile Vaticano, una persona che sappia mobilitare il paese verso i valori su cui si fondano le nazioni. Solidarietà, Equità, Bellezza, Rispetto per le Persone e per l'Ambiente, tanto per cominciare.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.