mercoledì 21 settembre 2011

La corsa al ribasso… allucinante!

di
Francesco Zanotti


Ovviamente, nessuno si è sognato di contestare il concetto stesso di rating, i suoi algoritmi, l’assurdità scientifica di algoritmi che pretendono di misurare su di una scala monodimensionale discreta, a pochi valori, la capacità di sviluppo di un Paese. Ovvio che a nessuno è venuto in mente che la struttura di una società potrebbe essere topologica e quantistica e non metrica e “classica”. Ma lasciamo stare: vale la famosa espressione del Giusti. La adatto un po’: “Le nostre Eccellenze (non solo politiche) sono in tutt’altre faccende affaccendate”. E  non sono certo interessati ad algoritmi, fisica quantistica, una salutare divisione tra topologia e metrica …
Oggi voglio aggiungere un altro tassello al discorso di ieri. Un articolo sul Sole 24 Ore di Isabella Bufacchi mi suggerisce una possibile interpretazione del “processo di rating”: ancora una volta c’è di mezzo il problema dell’autoreferenzialità dei sistemi.
Voglio dire che il sistema delle agenzie di rating è autoriferito: ha, quindi, come primo obiettivo quello di difendere la categoria. Poi, le singole agenzie hanno come obiettivo il competere tra di loro per dividersi quel potere che hanno conquistato tutte insieme. Detto diversamente: il giudizio che danno è funzionale a fare vedere quanto contano le agenzie di rating: sanno condizionare i mercati. ( Ma … assurdità … se le loro analisi condizionano la realtà, come possono essere considerati una misura della realtà?)
E, poi, occorre arrivare primi a formulare un giudizio ad alta visibilità come un giudizio negativo su di un paese importante come l’Italia. E altre devono seguire e non possono che picchiare ancora più duro altrimenti non recuperano …
Questa scoperta mi conferma che diverrò un emulo di Catone. Come tutti sanno, ogni suo discorso finiva col famoso: “Delenda Carthago”. I miei finiscono con: ma vogliamo prendere atto che la conoscenza (i modelli) che usa gran parte della nostra classe dirigente è assolutamente inadatta a capire e a governare una società complessa? Non è un problema di uomini, ma di conoscenza …
Chi vuole, provi a fare un esperimento: chieda ad “uno che conta”: ma che differenza c’è tra lineare e non lineare? Molti non capiranno neanche la domanda. Peccato che i modelli che usano per capire e governare sono sostanzialmente lineari  e i sistemi che deve gestire non lo sono punto.

1 commento:

  1. Pubblico con piacere il commento del Prof. Ignazio Licata:
    "Le notizie di questi giorni sul rating hanno riaperto un dibattito sulle logiche interne ed i criteri di questo tipo di valutazione, che a noi sembra troppo algoritmica, lineare e "classica". Sappiamo anche come reagirebbe l'analista tradizionale ad almeno due di questi tre aggettivi. Innanzitutto direbbe che l'algoritmo è un ingrediente universale di ogni valutazione, e che naturalmente sa benissimo che va interpretato e valutato con considerazioni qualitatitive "non-zippabili", politiche e strategiche.Che basterebbe questo (ma ci sono anche i modelli) a rendere l'analisi non-lineare. Verosimilmente avrebbe poco da aggiungere sull'osservazione relativa al "classico", che noi intendiamo qui con non quantistico.Naturalmente non vogliamo in alcun modo suggerire che un'impresa è simile ad una particella elementare! Intendiamo riferirci piuttosto alla logica ed alla semantica dei sistemi quantistici, ossia di quei sistemi contestuali- in cui l'atto di osservazione è già una scelta sul sistema!-,in cui è praticamente impossibile distinguere l'intreccio delle molte storie, la multifattorialità contestuale inestricabile di "cause" a più livelli. Ma fin qui si tratterebbe solo della "vecchia" complessità, sulla quale esiste già abbastanza retorica. La vera differenza entra in gioco più a monte: con quantistico non intendiamo solo un modo di osservare i sistemi, ma di progettarli, o meglio di pensarli.Per noi quantistico è il regno virtuale delle possibilità sociali ed economiche non ancora "collassate", magari "improbabili" dal punto di vista del probabilismo classico, e la vera differenza con l'analista di cui sopra (e con la complessità tradizionale) è appunto il fatto che per noi il passato(valutazione di rating) non determina il futuro in modo univoco( strategia), e che "strategia" non può essere soltanto un rimedio "locale" ai problemi di una valutazione che si pretende "oggettiva",ma è qualcosa che implica una visione globale non settoriale del rapporto tra imprese e mondo. Analisi e la strategia sono momenti strutturalmente inscindibili.Allora il centro della sfida si sposta non tanto sulla critica agli attuali modelli di valutazione (sarebbe ormai come sparare sulla croce rossa in politichese puro), ma piuttosto sull'aspetto propositivo di una nuova visione della strategia.Bisogna ripartire dall'idea epistemologica fondamentale che il problema oggi non è tanto di "complessità" quanto di consapevolezza di questa nella costruzione di modelli e strategie, ricordando che un modello di analisi implica sempre in nuce una strategia, e che soltanto una strategia globale può andare oltre le "ricette" e suggerire modelli virtuosi"

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.