lunedì 20 giugno 2011

Il lavoro: diritto o valore?


di
Francesco Zanotti



Io credo che il cambiare parole sia la pietra angolare di ogni cambiamento. Non si cambia nulla se non gli si cambia nome.
Questa massima vale anche per il lavoro. Io propongo di cominciare a dire che il lavoro è un valore. Se è un valore, è automaticamente un diritto: chi non acquista qualcosa che ha un intenso valore? Il valore va oltre il diritto …

Lasciatemi dettagliare …Oggi siamo fermi al lavoro come diritto. Questo cosa comporta?
Se il lavoro è solo un diritto, allora si cerca qualcuno presso il quale far valere questo diritto. Ed oggi non lo si trova. Chi dovrebbe garantire questo diritto? Le imprese? Purtroppo non hanno i soldi per farlo. La competizione ha oramai azzerato i margini di troppe imprese. Anche se volessero garantire il diritto al lavoro, anche se gli fosse imposto per legge di garantirlo, potrebbero farlo solo formalmente: assumendo. Ma, poi, non potrebbero farlo sostanzialmente: pagando lo stipendio. Dovrebbe garantirlo lo Stato? Al di là del fatto che se è lo Stato che garantisce il lavoro, significa che stiamo costruendo una società collettivista di uno stampo che abbiamo già visto non funzionare, vi sta il fatto che anche lo Stato non ha i soldi per farlo. Se le imprese non guadagnano, non pagano le tasse.  Le crisi dei debiti pubblici impedisce ulteriori debiti. Se il lavoro è solo un diritto, allora, non c’è nessuno che sia in grado di soddisfare questo diritto. Un diritto senza interlocutori.

Pensiamo ora al lavoro come valore. Cioè a persone che hanno conoscenze ed abilità alle quali viene riconosciuto un valore. Le cose cambiano radicalmente: chi è dotato di questa conoscenze ed abilità viene cercato perché produce valore. Si auto garantisce il diritto al lavoro.
Ma vediamo quali conoscenze ed abilità.

Immaginate che una fabbrica abbia operai che riescano ad auto progettare nuovi processi produttivi e che dialoghino con i clienti (e piantiamola di chiamarli consumatori. Si consuma la pancetta perché la si mangia. Non si consuma un telefonino: lo si usa!) per progettare nuovi prodotti. A nessuno verrebbe in mente di licenziarli. Anzi sarebbero considerati la risorsa fondamentale per risalire la china della produzione di valore.

Immaginate che in una scuola gli insegnanti progettino insieme agli studenti grandi progetti di ricerca, invece che impartire lezioncine e dare votarelli. I ragazzi imparerebbero anche tutti i contenuti (non contenutarelli) che servono e ne produrrebbero di nuovi. Si tenga presente che lo stato di tutte le scienze è quello di una trasformazione profonda che non richiede grandi laboratori per essere risolta, ma una nuova generazione di pensatori generosi, come possono essere generati solo da comunità esistenzialmente intense, come quelle delle scuole. A queste scuole nessuno verrebbe in mente di tagliare alcunché, ma troverebbero mille imprese, organizzazioni non profit, fondazioni interessate a finanziare il loro costruire conoscenza.

Mi si può obiettare: non esistono lavoratori, studenti e professori dotati di queste conoscenze ed abilità. Non è vero! E se anche fosse vero, è una bazzecola: esistono lavoratori, studenti e professori che possono cercare il lavoro come valore. Ed a loro si possono facilmente ed in breve tempo fornire tutte quelle conoscenze che gli potrebbero mancare. Anzi: potrebbero cercarsele da soli se davvero tutti noi si cominciasse a credere realmente nel lavoro come valore.

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Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.