lunedì 28 febbraio 2011

Una serata con Francesco Samorè, Giulio Sapelli e Piero Bassetti.

di
Francesco Zanotti

Martedì sera, 22 febbraio 2011, sono stato invitato a fare da moderatore alla presentazione del libro di Francesco Samorè dal titolo: “La piramide del gas”. Il testo è arricchito da una prefazione di Giulio Sapelli e da una postfazione di Piero Bassetti che hanno partecipato alla serata.
Francesco Samorè è un giovane storico che propone la storia inedita dello svilupparsi del nostro attuale sistema di distribuzione del gas, dal dopo guerra ad oggi. Il protagonista della storia è il gas, appunto, sullo sfondo del problema/sfida dell’energia per o sviluppo. E si tratta di un “oggetto” quanto mai di attualità non solo per la indiscutibile centralità della sfida energetica per una società che sta cambiando, nonostante le cecità e gli sforzi di conservazione delle classi dirigenti, ma anche per i sommovimenti che stanno travagliando, in questi giorni, molte nazioni che lo forniscono.
Se il gas è il protagonista, Francesco Samorè è un po’ protagonista anche lui. La sua famiglia, il nonno fondatore e il padre continuatore, è stata protagonista di questa storia.


Per introdurre la sua presentazione, mi sono permesso di tentare una sintesi, dal mio punto di vista. Ho provato ad astrarmi dal tema specifico e cercarne significati più generali. Lo sviluppo del nostro sistema di distribuzione del gas è la storia di processo sociale emergente stimolato da un monopolista (l’allora AGIP). Un processo imprenditoriale. Dopo di allora, l’imprenditorialità si è andata affievolendo e agli imprenditori protagonisti di quel tempo, si è sostituita una classe di burocrati che guardano al sistema di distribuzione del gas come ad una arena dove scatenare battaglie di potere. Ho chiesto all’Autore cosa ne pensasse di questa mia analisi.

Francesco Samorè ha condiviso questa mia rilettura ed ha sfruttato questo mio “assist” per  raccontare a voce la storia che aveva fissato nella sue pagine.Ed è stato un racconto appassionato, perché il nonno ed il padre sono stati protagonisti di questa storia. 
L’immagine sintesi della sua storia è una piramide al vertice della quale c'è l’ENI e la cui base è costituita da… I capitoli fondamentali del libro ripercorrono la memoria di tutti noi che siamo nati negli anni ’40 e ’50: il primo affermarsi del gas metano, la frammentazione locale del mercato della distribuzione, la piramide del gas negli anni ’60, su su fino alla crisi petrolifera agli anni ’80 ed alla situazione attuale che l’Autore descrive come il passaggio “Dal monopolio nazionale alle rendite comunali”.

Partendo dal racconto di Francesco, ho chiamato in causa Giulio Sapelli, storico, da sempre coinvolto nelle problematiche dell’energia.  A lui ho chiesto se la storia del gas, come mille altre storie imprenditoriali, non stessero ad indicare come gli attuali paradigmi con i quali parliamo di economia e di dinamiche di mercato non fossero, almeno, da rivedere.

La sua risposta è stata come di consueto profonda e dissacrante. Tra i mille spunti che nascono sempre quando intensità di conoscenza ed esperienza si intrecciano in sintesi “vitali”, Giulio Sapelli, ricordando anche Caffè, Sylos Labini e, prima di loro Shumpeter, ha contestato la demonizzazione del monopolio, ha smantellato la visione riduttiva di un imprenditore mobilitato solo dal profitto affermando il primato della passione. Si è poi soffermato sui guasti del dogma del gigantismo che ha distrutto esperienze storiche di eccellenza come l’ASM e costruito cattedrali burocratiche come ERA. Ha concluso che, alla fine, abbiamo mancato di coraggio: non abbiamo cercato di sviluppare le peculiarità del nostro sistema di distribuzione del gas che era emerso dalla nostra storia per adagiarsi nel modello standard (ma perdente del “grande è bello”).
Piero Bassetti, che non ha bisogno di presentazioni presso il grande pubblico, oltre che primo Presidente della Regione Lombardia ha avuto un ruolo rilevante nella storia della metanizzazione di Milano, in dialogo diretto con Enrico Mattei. A lui ho chiesto di andare la di là della sua postafazione. In queste sue pagine, a conclusione del libro di Samorè, aveva preso spunto dai recenti studi e dibattiti sui “Commons” (l’importanza di questi studi è stata riconosciuta con il Nobel dell’economia) per dichiarare che era necessaria una nuova forma di Governo dei processi economici e sociali. Ma non aveva voluto tentare una risposta. Irriverentemente gli ho chiesto di provarci nel dibattito che stavano conducendo.

Bassetti ha sostenuto che la sfida dei “Commons” e, quindi, dell’energia,  deve essere riletta come ologramma (il vocabolo “ologramma” è una mia scelta) di un problema più generale: quello del rapporto tra globale e locale. E’ un problema che sta diventando sempre più intenso, a causa del fatto che le tecnologie hanno annullato lo spazio ed il tempo. E’ un problema che sta rendendo insignificanti gran parte dei nostri schemi di riferimento. E’ un problema che richiama la responsabilità di tutti noi nel cercarne e nel praticarne altri.

La serata si è conclusa con un appassionato invito di Francesco Samorè ad osare la creazione di un  nuovo mondo, accettando la sfida multidimensionale di una creazione del futuro che richiede un nuova cultura capace di gestire tecnologia, economia e socialità.

Mi permetto anche un mio commento finale, a mio modo “tecnico”. Prima di porre la mia domanda a Piero Bassetti, ho ricordato il suo ruolo di pioniere nell’attenzione (che ,certo, non per colpa sua, non ha ispirato granché la prassi) alla teoria dei sistemi. Io credo che uno degli strumenti attraverso i quali raccogliere l’invito diretto di Francesco Samorè, ed indiretto di Sapelli e dello stesso Bassetti, sia quello di farsi ispirare da una nuova teoria dei sistemi che stiamo contribuendo a costruire e definiamo “Sistemica Quantistica”. Penso veramente che essa possa guidare alla comprensione dei mille nuovi  processi di evoluzione e di innovazione che stanno emergendo nella nostra società e che permetta di formulare una nuova metodologia di Governo di questi stessi processi.
Nel post precedente ho contestato il disinteresse dei politici per la conoscenza. Spero davvero che questa mia generalizzazione sia eccessiva e che qualche politico voglia veramente provare a conoscere ed usare la nuova teoria dei sistemi che stiamo contribuendo a sviluppare.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.