lunedì 24 gennaio 2011

Ricerca e formazione: troppa retorica ...


Sembra che esista una soluzione a tutti i mali, ma non si possa e non si voglia metterla in pratica.
La soluzione è costituita dal binomio Ricerca & Formazione. Non la si può mettere in pratica (come si dovrebbe) perché non ci sono soldi. Non la si vuole mettere in pratica (qualcuno sostiene) perché al Governo ci sono quelli brutti e cattivi. E buttano i pochi soldi che ci sono in progetti insensati.

Bene, siamo alle solite: si individua una soluzione e poi la si usa per combattere i cattivi che non la vogliono mettere in partica. E così si vive di conflitti. Essi assorbono una crescente quantità di tempo e di energie e arrivano a toccare vette sublimi di insensatezza.

Come uscirne?
La mia proposta è: guardiamo da vicino queste soluzioni miracolistiche.
Scopriamo che è necessaria un’altra ricerca, più diffusa, meno costosa e capace di radunare più risorse.
Scopriamo che la formazione più urgente è proprio quella delle classi dirigenti, che oggi non ne fanno punto.


La ricerca.
E’ una cosa da fare assolutamente che richiede ingenti e crescenti investimenti …
Ecco, si tratta di un mito: è necessario, urgente specificare quale ricerca. Intendiamo forse la ricerca che ha bisogno di mega macchine come LHC di Ginevra che produce “risultati” in decenni? Intendiamo la ricerca delle mille specializzazioni che sta smontando la scienza in mille mondi che non comunicano e che hanno bisogno di miriadi di ricercatori dedicati? Intendiamo una ricerca che il popolo non può capire, ma deve comprare a scatola chiusa da una élite di scienziati senza controllo che continuano ad aumentare le risorse che giudicano necessarie e considerano lesa maestà qualunque tentativo di capire, giudicare, partecipare?
Se intendiamo questa ricerca, allora sarebbe meglio non farla.

Abbiamo bisogno di una ricerca diversa.
Proviamo a delinearne alcuni tratti. Innanzitutto dobbiamo aumentare gli sforzi in una meta ricerca  sulla teoria della complessità o sulla sistemica, che dir si voglia. Questa ricerca svela quali sono i processi di evoluzione dei sistemi umani e quali processi di governo servono a guidare questi processi.
Questa ricerca svela legami che nessuno specialista può immaginare tra ambiti di specializzazione. Cioè i legami tra i diversi tipi di sistemi che si vanno ad esplorare. Questa ricerca permette di reimpostare i programmi di ricerca delle diverse discipline. Sto rileggendo da tempo molte discipline diverse, scoprendo assonanze strutturali e di evoluzione che lasciano sgomenti: gli specialismi stanno chiudendo gli scienziati in trappole autoreferenziali che rischiano di generare progetti di ricerca alla scoperta dell’acqua calda.
Voglio fare due esempi: la fisica e l’economia.
Se si prova ad annusare anche solo i risultati già raggiunti dalla teoria dei sistemi, si scopre la perversione del costruire mega macchine: esse, invece di portare a nuove scoperte, genera nuovi livelli di problemi che gli specialisti giudicano peculiari, ma che invece già stati sono stati risolti in altri contesti sistemici.
Se leggete il libro “Un universo differente” del premio Nobel Robert Laughlin vi renderete conto di quanto sia necessario non costruire grandi macchine, ma “Reinventare la fisica da cima a fondo” come recita il sottotitolo del libro.
Partendo dal riscrivere le scienze fondamentali, ispirati dalla sistemica, si immaginano anche nuove tecnologie.
Oltre al libro di Laughlin, leggete anche il libro su Leonardo di Fritjof Capra. Sì, lui! L’autore del famosissimo: “Il tao della fisica”.
L’economia: è evidente che le conoscenze economiche che usano le classi dirigenti sono fondate su di una visione “meccanicistica” dell’uomo che non ha più senso. Si cerca di fare qualche passo usando prospettive cognitiviste, ma esse sono davvero primitive e non vengono usate.
Riusciremo mai ad aprire un dibattito profondo sul senso di fare ricerca? Di più: riusciremo ad abbattere le barriere di linguaggi artificiali e spezzettati in mille specialismi per fare partecipare tutta la società a costruire un Grande Programma complessivo di Ricerca socialmente condiviso?
Come i lettori sanno, nel nostro blog abbiamo pubblicato la nostra Proposta di Ricerca in un documento dal titolo: Una nuova scienza per una nuova società.

La formazione.
La formazione più urgente è quella della classe dirigente. Il grande paradosso che stiamo immaginando come secondo pilastro, insieme alla ricerca, della soluzione dei nostri problemi, è che stiamo immaginando una formazione per altri. Vediamo le diverse parti politiche, le classi dirigenti imprenditoriali e manageriali, le dirigenze delle grandi burocrazie pubbliche invocare la formazione di tutti coloro che guidano. Ma la prima cosa da fare sarebbe la formazione di queste classi dirigenti che non conoscono quasi nulla dei progressi che la conoscenza ha fatto sui processi di evoluzione dei “sistemi” che dovrebbero governare. Occorrerebbe una formazione sui fondamenti delle nuove scienze che stanno alla base, che costituiscono contemporaneamente l’ispirazione e l’incarnazione della nuova teoria dei sistemi. Più brutalmente: care classi dirigenti, avete in mano solo un martello. Serviva ad aggiustare i vecchi teatrini delle marionette. Non servono a far sfavillare i nuovi televisori al plasma. Non ci credete? Provate a martellarne uno. Ma forse non serve rompere un televisore: guardate cosa succede quando si cerca di far funzionare a martellate le organizzazioni (imprese, istituzioni e quant’altro).

4 commenti:

  1. Ricevo dal prof Gianfranco Minati, Presidente Associazione Italiana per la Ricerca sui Sistemi, il seguente commento che pubblico con piacere.

    Sono assolutamente d’accordo con i contenuti dell’articolo.
    Volevo però aggiungere attenzione a un altro punto, il contesto e l’adeguatezza ad esso.
    Ho l’impressione della deriva verso il considerare la ricerca come un ruolo, una professione da supportare perché promette di risolvere problemi, ma senza valenza culturale. Ed i suoi problemi sarebbero affari suoi. L’intersezione avviene quando si usano risultati e quando la si supporta con penose donazioni opzionali e volontarie attivate come sfridi dell’attività economica seria, quali percentuali irrisorie su tasse pagate, sull’acquisto di mele, concerti di musica che non c’entrano assolutamente niente …

    L’intersezione è sempre meno sui contenuti, lasciati agli specialisti e qualche volta diffusi da divulgatori ignoranti il cui ruolo è supportato dal far intendere al popolo che loro sanno, ma sono specialisti nel trovare le parole povere adatte …

    Il rischio è prima di tutto di lascar andare avanti una scienza non capita dalla società, senza controllo e aperta a dinamiche orientate a carriere interne piuttosto che alla ricerca.

    Occorre un contesto sociale omogeneo alla scienza, al capire, alla ricerca come atteggiamento generale, culturale.

    Si tratta di fare in modo che il fare e il dire quotidiano non sia estraneo, ma abbia i concetti della scienza in familiarità. Come?
    Diluendola, ad esempio, in iniziative comunque esistenti e da riempire con contenuti, quali:
    • racconti di storie
    • filmati
    • immagini
    • rappresentazioni teatrali
    • fumetti
    • libri per bambini
    • videogames e giochi
    • corsi on-line
    • conferenze .spettacolo
    • introduzione di parole nuove, con significato marketing ed al contempo aggreganti significato,
    • musei e mostre con attività di sperimentazione-ludiche.

    Il parlare di scienza deve diventare usuale nel linguaggio comune, come nelle società del passato il cacciare, coltivare, scavare pozzi, costruire case, pescare, navigare, nascere e morire. Il linguaggio quotidiano ne usava concetti e parole che non erano per specialisti.

    Si dovrebbe usare concetti e parole della scienza con il linguaggio della contemporaneità, usante cioè forme, suoni, colori, personaggi, oggetti, eventi, … contemporanei.

    Si tratta di didattica implicita, o, nel positivo, subliminare.

    Ecco che allora non vi saranno luoghi comuni che celebrano la distanza dalla scienza e dalla ricerca come fatto di umanismo e creatività.

    Verso una scienza concettualmente fruibile.

    Certo la scienza attuale ci mette del suo per chiudere le porte con l’incomprensibilità.

    L’alternativa è

    • Una ricerca attivata da finalità economiche;
    • Una ricerca che procede con logiche sue non condivise perché non conviene condividerle;
    • Una ricerca che procede nell’ambito militare da dove vengono ogni tanto lasciate cadere perle tecnologiche non più militarmente strategiche e lasciate all’uso commerciale, come Internet, i cellulari, le trasmissioni televisive via satellite e i sistemi di navigazione GPS.


    Questo progetto non può aspettare di diventare solo politico. Deve diventare conveniente.

    Che si scateni l’intelligenza imprenditoriale (ce n ‘è in giro?), come l’etica per essere efficace non deve essere un vincolo, ma deve essere conveniente.

    Oggi la scienza è stuprata quando si parla di test scientifici, di dimostrazioni, di percentuali, di metodi …

    E la scienza di oggi lascia fare, basta che non si aprano le porte.

    La tragedia è che chi è dentro non apre e chi è fuori non vuole entrare in un patto implicito scellerato.

    Gianfranco Minati

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  2. interessante articolo e bella precisazione di Minati.
    Posso utilizzare entrambi per un futuro post del mio blog?

    Noi partorienti abbiamo un bel problemone con la scienza che non comunica ai comuni mortali.
    Molte informazioni su gravidanza, aprto, puerperio sono in mano a imbonitori e medicastri.
    Il risultato? Sopravvivono leggende urbane sul tema gravidanza e molti servizi (epidurale per esempio) non sono la regola nella maggioranza degli ospedali.

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  3. Abbiamo ricevuto dal Prof. Nicola Costantino, Rettore del Politecnico di Bari ,il seguente commento che volentieri pubblichiamo:

    Ho letto l'articolo e vi ho trovato molti concetti pienamente condivisibili. Dobbiamo incoraggiare i nostri giovani ricercatori ad essere più originali e meno convenzionali, ad osare strade nuove, a lasciarsi affascinare dalle tematiche "di confine" tra discipline diverse. Per far questo, dobbiamo anche rivedere le modalità con cui valutiamo la ricerca: la peer review è probabilmente insostituibile ma deve essere orientata a riconoscere le vere novità, e non solo a premiare chi si incanala nei solchi di filoni di ricerca già consolidati.

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  4. Pubblico con piacere il commento del Dott. Antonio Motteran, Amministratore Delegato di Carpenè Malvolti, azienda produttrice di spumanti.
         

    Dopo molti anni di dirigenza aziendale costruttiva, svolta in aziende industriali private di marca :
    -apprezzo i buoni propositi della Vostra Comunità a mettere in atto iniziative finalizzate ad produrre la grande discussione “per un futuro migliore”,
    -ringrazio per avermi dato la possibilità di esprimere il mio modesto parere in merito al tema…. “per un mondo nuovo”,
    -tengo a precisare che , la mia mentalità è fondata sul conseguimento del risultato e che pertanto essendo il tema “di proporzioni rilevanti”, la ricerca e trattazione delle soluzioni e la loro implementazione è altrettanto “di proporzioni rilevanti”.

    Sinteticamente sono convinto che :
    -ogni attività di pensiero volta a modificare la Società Umana debba mettere al centro i GIOVANI e il DIVENIRE di tutti e di tutto,
    -la distribuzione dei VALORI socioculturali e il VALORE delle ricchezze del PIANETA debbano essere ripensati e riposizionati,
    -il PLURALISMO debba favorire la LIBERTA’ nell’ORDINE CIVILE REGOLATO e non ridurla con il DISORDINE INCIVILE  TOLLERATO,
    -esista una abbondanza di CULTURA della DIAGNOSI (obiettivi=cosa fare), ma una mancanza di CULTURA della REALIZZAZIONE(strategia=come fare),
    -ogni iniziativa SOCIALE debba preoccuparsi di essere ATTRAENTE al punto da poter contare su una autonomia economica per rimanere indipendente,
    -l’ IGNORANZA e l’ ILLEGALITA’ siano i primi due fattori che impediscono il “progresso dei miglioramenti”, e vanno affrontate con POTENZA,
    -limitare il pensiero CULTURALE al Pianeta Terra e alle sue CONVINZIONI MITICHE sia escludere molte VERITA’ , lasciando spazio all’obsoleta arcaicità,
    -la CULTURA FEMMINILE debba essere MOLTO VALORIZZATA anche per maggiori APPORTI EQUILIBRATORI con la CULTURA MASCHILE,
    -alla realtà della CONOSCENZA (cos’è) e della COMPETENZA (cos’è+come si fa) si insegni come avere CORAGGIO e assumersi RESPONSABILITA’,
    -al perseguimento del BENESSERE FISICO si debba puntare al BENESSERE MENTALE  attraverso strategie culturali e artistiche innovative di MASSA.
            
         

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.