mercoledì 22 settembre 2010

Perchè parlare di Profumo e non

… e non del fare banca?
Sto leggendo i tre maggiori giornali italiani (Il Sole, il Corriere e Repubblica) e le interpretazioni ruotano tutte intorno al discorso del potere. Direttamente o indirettamente. Forse anche perché parlare del potere e dei retroscena che stanno dietro alle battaglie di potere è intrigante, fa sentire importanti. E’ come se improvvisamente, per tutti, si aprisse un proprio (piccolo) spazio di auto rappresentazione …
Io non so se il Board di Unicredit abbia davvero deciso di avere obiettivi di potere sulla banca, ma dalla lettura dei giornali, si direbbe di sì.
Vedo, insomma , imperare in ogni dove il riferimento al potere. Ed allora  mi sembra che una cosa occorra dirla forte: oggi non possiamo più guardare, parlare decidere sul futuro del sistema bancario con la logica, la cultura, l’aspirazione al potere.


La ragione è semplice, sistemicamente semplice. Ovvia se si ragiona in un ottica sistemica. Cioè usando gli strumenti che mettono a disposizione le più attuali teorie sistemiche.
Il battagliare (e, quindi, il discorrere di potere) ha senso quando si parla di una Istituzione che si è certi non avrà bisogno di alcun cambiamento per mantenere il potere che detiene (economico, ma non solo)  nel tempo. Acquisire potere su di una Istituzione di questo tipo garantisce di poter godere del potere che questa istituzione detiene.
Ma parlare e cercare il potere di una impresa, che deve cambiare radicalmente per mantenere non la sua quota di potere, ma la sua capacità di produrre valore, blocca ogni processo di evoluzione o lo distorce. Ed ottiene come risultato la distruzione proprio di quelle capacità di produrre valore che si vuole, manu militari, conquistare.

Io credo che le attuali vicende che travagliano il sistema bancario (non solo le dimissioni di Profumo, ma anche, ad esempio, la messa sotto inchiesta dei Vertici dello IOR e, in particolare, del suo Presidente Ettore Gotti Tedeschi) debbano, invece che il racconto di storie di potere, innescare un grande dibattito su che futuro vogliamo costruire per il nostro (italiano? Europeo?) sistema bancario.

Mi rendo conto che distaccare il dibattito dal “fiero pasto” di una battaglia di potere (che potrebbe anche essere del tutto o in parte costruita dai media. Suggerisco di leggere la letteratura che rivela come la realtà spesso deve competere col racconto della realtà) è difficile. Conosco giornalisti che, da una vita, vivono sulle battaglie di potere. Se per un martello tutto il mondo è fatto di chiodi… e giù martellate... per loro tutto la vita economica è una battaglia di potere. Hanno conoscenze e linguaggi solo per descrivere le battaglie di potere. Ed al diavolo la conoscenza, la tecnologia, l’imprenditorialità.

Sarà anche difficile abbandonare il raccontare del potere e avviare un percorso progettuale, ma è necessario ed urgente. Come abbiamo costruito con le nostre mani la crisi che stiamo vivendo (non ultimo praticando il modello di banca che andava per la maggiore proprio prima della crisi, ragionando con la cultura e la prassi del potere), così, ora, è il momento di usare le nostre  mani e costruire un nuovo e diverso sviluppo.
Dovranno essere mani che vengono guidate non da una cultura di potere, ma da una passione per il progettare un mondo nuovo. In particolare, dovranno essere guidate da una nuova conoscenza, cioè da modelli e metafore diverse da quelle che vengono usate dalle attuali classi dirigenti. Ci riferiamo ai modelli ed alle metafore della complessità.

Ma concretizziamo. Noi intendiamo dare avvio a questo dibattito progettuale. Nei prossimi giorni, prepareremo un documento di dibattito. Esso non conterrà proposte, ma  solo domande che avranno l’obiettivo di guidare verso la progettazione di nuove strade che portano ad un sistema bancario nuovo per struttura, prassi, servizi, ruolo sociale, cultura.  Proporremo queste domande a tutti gli Stakeholders più rilevanti del sistema bancario italiano: ai manager che lo guidano, ma anche ai suoi azionisti; ai sindacati e a tutti i movimenti che hanno interesse allo sviluppo del sistema bancario;  ai suoi clienti, soprattutto alle imprese; ai politici, agli opinion leaders, agli uomini dei media.

I tanti dialoghi che costruiremo con i diversi Stakeholders si concretizzeranno in altrettante interviste che pubblicheremo sul nostro Blog. Le interviste saranno stimoli per commenti e riflessioni. Periodicamente (mensilmente) pubblicheremo una Newsletter dove proporremo una sintesi di questo dibattito. Periodicamente (due volte l’anno) organizzeremo dei Workshop in presenza per fare il punto e formalizzare una sintesi delle idee apparse nel dibattito.

Il nostro Blog sarà anche il luogo dove renderemo disponibili “risorse cognitive” come, materia prima di riflessione per tutti coloro che vogliono affrontare questo dibattito come occasione non di una eterna riproposizione delle stesse, eterne , immutabili Idee. Ma di coloro che vedranno questo dibattito anche come momento di crescita e di sviluppo personale. Non si costruisce sviluppo se i protagonisti di questa costruzione non accettano che il primo passo è un loro arricchimento di conoscenze, riflessioni e speranze.

Il primo contributo che proponiamo è il Rapporto Ferguson. Ne proporremo l’Italian Summary nel testo italiano con traduzione a cura della banca d’Italia: E un nostro documento nel quale abbiamo sintetizzato alcuni brani che faranno molti riflettere. Anche perché il rapporto Ferguson è stato redatto e diffuso dieci anni fa. E nel dibattito economico e sociale è stato ricordato recentemente solo da Marco Vitale nel suo ultimo pregevole libro “Passaggio al futuro”.

Se la discussione sul rapporto Ferguson fosse iniziata dieci anni fa … forse non si sarebbe scatenato alcun caso Profumo e, soprattutto, nessuna crisi finanziaria  …

4 commenti:

  1. Due commenti.
    Il primo riguarda il ruolo della stampa, sempre più appiattita ad amplificatore di gossip "alto", le battaglie del potere, che però sempre gossip rimane, invece che di indirizzo al dibattito costruttivo, che l'autore del post suggerisce.
    Il secondo sulla vera statura di manager di Profumo. Se è vero ciò che il rapporto Ferguson diceva già dieci (dico: "10") anni fa il grande merito dell'AD di Unicredit è stato quello di aver effettuato, con la "internazionalizzazione" e la crescita dimensionale, un enorme operazione più orientata a raccogliere plausi e consensi dall'autoreferenziale mondo degli affari che all'interesse degli azionisti e dei clienti. Se allora la politica, sempre attenta agli umori degli elettori, persone "vere" che hanno problemi reali e non di soddisfare il proprio ego, è davvero intervenuta ha fatto così male a porre fine ad uno sterile e continuativo esercizio di gigantismo fine a se stesso? E non aveva forse lo stesso Profumo capito il vicolo nel quale si era cacciato quando non più tardi di qualche settimana fa ad un convegno diceva 'Siamo molto grandi, come i dinosauri, e quindi corriamo il rischio di scomparire se non siamo abbastanza flessibili' e aggiunge 'dobbiamo avere grande capacita' di adattamento e flessibilita' per i nuovi scenari e, quando si gestisce un'organizzazione come la mia, mantenere questo tipo di flessibilita' non e' facile' (vedere http://confindustria.rc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=867:banche-profumo-nostra-sopravvivenza-dipende-da-capacita-cambiare&catid=262:news&Itemid=85 per il comunicato completo) ?
    Ben venga dunque un cambio (aggiungerei era ora, come molti clienti di Unicredit affermano) ma il tema di fondo rimane: di che banca abbiamo bisogno per il futuro? Ovviamente nessun giornale ne parla.

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  2. Luciano,persona attenta ed arguta di cui ho avuto modo di apprezzare le riflessioni e le intuizioni pone un problema di comunicazione latu sensu sulla base di alcune considerazioni. Personalmente,vorrei -non prescindendo dalle affermazioni di Luciano - porre l'attenzione sulle acquisizioni effettuate da Unicredit di alcune banche territoriali. Come ad esempio il Banco di Sicilia che, pur con i suoi limiti ele sue camarille, ha rappresentato un canale di finanziamento dell'economia isolana. Qual è stato il progetto strategico seguito all'acquisizione?quali i vantaggi per i siciliani?o l'acquisizione è stato un tassello di quel puzzle descritto da Aleph?
    Grazie per l'ospitalità.

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  3. Credo che il problema proposto da Domenico dia concretezza all'esigenza manifestata da me e da Luciano di ripensare al futuro del sistema bancario. Ripensarlo anche con il contributo di noi cittadini. Il post di oggi va in questa direzione. Grazie

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  4. Difficile quando i banchieri credono di fare 'il mestiere di Dio'..

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.