martedì 13 aprile 2010

Un Expo della Conoscenza per fare emergere una nuova società



Agli inizi dell’anno del Signore 2010, dell’anno 5770 del calendario ebraico, dell’anno 1431 del calendario mussulmano, dell’anno 2554 del calendario buddhista, dell’anno 4706 del calendario cinese… tutto il mondo, appiattendo tutte quelle differenti ricchezze che producono calendari così diversi, ripete ossessivamente una sola “ideologia”.

“Una crisi è esplosa nel mondo della finanza ed è stata causata da disfunzioni (malfunzionamenti) dei mercati finanziari, aggravati da comportamenti discutibili di troppi finanzieri. Questa crisi, se non si interviene tempestivamente, rischia di risuonare in tutta la società con echi devastanti. Intervenire significa eliminare i malfunzionamenti dei mercati finanziari e iniettare nel mondo della finanza una buona dose di etica. Se si fa tutto questo,  si riuscirà a continuare il cammino di sviluppo interrotto.”

Si ripete ossessivamente questa ideologia attraverso tutti i media, ma a me sembra una cantilena retorica e stonata.
Io credo che la crisi finanziaria sia stata solo un classico “piovere sul bagnato”. Ma poiché è stato uno scrosciare intenso ed improvviso, ci siamo dimenticati che stavamo già ben bene impantanati …
Infatti, non una, ma mille altre crisi, stanno affliggendo da tempo l’uomo (tutti gli uomini della terra senza distinzione di sesso, età, religione, origine e quant’altro) e la natura.
Siamo immersi in una ecologia di tante crisi che si sovrappongono, intrecciano, si aggravano reciprocamente. Esse generano un disagio (materiale ed esistenziale) profondo e crescente sia nell’uomo che nella natura.
Il disagio profondo c’era prima della crisi finanziaria. Essa l’ha certamente aggravato. Oggi, quando la crisi finanziaria sembra attenuarsi, questo disagio si guarda bene dallo scomparire, ma continua a crescere, giorno dopo giorno.



Intorno a questa ecologia di crisi si sta sviluppando un confuso caos di storie piccole piccole: analisi di “pezzi” sempre più piccoli di società e altrettanto piccole proposte per sistemare i guai che funestano ognuno di quei piccoli pezzi. Ma sono analisi e proposte localmente conflittuali e complessivamente scoordinate.

La “somma” di una ecologia di tante crisi e del caos di storie piccole piccole genererà una ecologia di piccole rivoluzioni che non genererà, catarticamente, una nuova società, ma rischierà di spegnere la nostra storia.

Da dove vengono l’ecologia di crisi e il caos di storie piccole piccole?
Essi sono causati dall’ “invecchiamento” del modello sociale attuale: la società industriale. Un invecchiamento sempre più evidente, che le fa perdere viepiù di funzionalità.
Se un modello di società non funziona più, allora, è necessario sostituirlo con un altro. Ma, purtroppo, oggi non riusciamo a percepire questo invecchiamento complessivo e, conseguentemente, l’unica cosa che ci viene in mente di fare è quella di mettere delle pezze al modello attuale di società. Tutti sanno cosa accade quando si usa la strategia del rammendo continuo: si rimanda e si rende più drammatica la sostituzione dell’oggetto che si rattoppa.
Così, per dare subito una sensazione di concretezza, quali sono le due “toppe” che cerchiamo di mettere, ostinatamente, al nostro modello sociale attuale? Le due più rinomate ed osannate, ma arlecchineggianti, vere e proprie cure estetiche ad un malato terminale, sono le riforme istituzionali, e la ricerca della competitività.
Ma perché siamo così affezionati al nostro attuale modello di società, tanto da ridurci ad un rammendare disperato e disperante?

La mia risposta è: tutta “colpa” di Galileo!
Infatti, la società industriale è l’incarnazione concreta e tangibile di una visione della scienza e del conoscere che è nata nel Rinascimento e che Galileo ha sintetizzato nella famosa espressione “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. Noi tutti abitanti della società industriale condividiamo questa visione della scienza e del conoscere.
Guardando il mondo attraverso questi occhiali abbiamo immaginato e costruito quella società industriale che è stata strepitosa, ma che oggi sta mostrando la corda.
Ora, accade che questa visione della scienza e del conoscere sia, sostanzialmente, ideologica. Cioè ci convince che gli occhiali che ci fornisce sono gli unici possibili. E, così, quando guardiamo alla ecologia di tante crisi che ci sta travolgendo, non riusciamo a pensare ad altro che ad aggiustare una società che non “funziona” più, ma che ci sembra l’unica possibile.
Ed accade anche che questa visione della scienza e del conoscere proponga il valore della specializzazione. Un valore che ci sembra ovviamente assoluto. Una intellighenzia fatta di specialisti ideologici non potrà che produrre un caos di storie piccole piccole e dissonanti.

La mia proposta: una nuova scienza per una nuova società
Se un paio di occhiali si sta oscurando, fino a farci andare a sbattere contro il muro della conservazione, allora è necessario cambiarli.
E’ necessario sostituire la vecchia visione di Galileo delle sensate esperienze e certe dimostrazioni con una nuova visione della scienza e del conoscere.
Quando le persone indosseranno occhiali nuovi, cominceranno a vedere nuovi cieli e crescerà in loro il desiderio di una nuova terra. Nascerà una nuova intensa e diffusa imprenditorialità di popolo, che costruirà una nuova società.

Ma esiste questa nuova visione della scienza e del conoscere?
Sì! Essa sta emergendo piano piano in tutte le scienze della natura, risuona in tutte le scienze umane, vive da sempre nell’arte e nelle religioni.

Conclusione: ma, allora, tutto questo significa che alla radice di tutti i nostri guai vi è un problema epistemologico, risolto il quale potremo ricominciare a costruire magnifiche sorti e progressive? Ecco, può sembrare incredibile, ma è proprio così!
Allora diamoci da fare per risolverlo. La via per riuscirci è quella di incamminarci verso un Expo della conoscenza.

1 commento:

  1. secondo me la crisi è originata dalla denatalità del mondo ricco occidentale che ha perso, non nata, abortita, differita, minimizzata, un intera generazione di consumatori cui erano desinati i beni prodotti dalla struttura industriale in atto che così risulta sovrabbondante, mentre la gente che l'ha sostituita di recente immigrazione e povera non compra quei beni ma ne ha bisogno di altri che non ci sono

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.