lunedì 1 giugno 2009

La crisi e le stragi del sabato sera.

Sto seguendo gli echi del Festival dell'economia, che si sta tenendo a Trento in questi giorni, attraverso gli articoli di Federico Rampini su Repubblica. (Dieci cose che cambieranno... e Non sprechiamo una buona crisi... )

Ovviamente l'argomento del giorno, "giorno" che sta durando ormai da diversi mesi, è la crisi che ci attangalia e che sta facendo sentire i suoi effetti reali in modo sempre più evidente.
Al centro l'economia, mai se ne era parlato tanto a memoria d'uomo, le sue colpe e quelle di coloro, gli economisti, che dovevano prevedere, individuare, progettare soluzioni e rimedi.
Leggo che si è arrivati a fare processi, certamente finti, ma con una forte carica simbolica, a questi poveracci colpevoli esclusivamente di aver progettato automobili che si schiantano se guidate in stato di ebrezza.
Come apprendiamo frequentemente dalla cronaca di questi tragici eventi, la colpa non è della meccanica dei mezzi, nè gli interventi legislativi e punitivi hanno risolto il problema. E allora perchè la gente si droga, con sostanze lecite o meno poco importa, e poi si mette alla guida?

Ecco, l'ho detto, ma chiunque lo capirebbe. Non ho parlato di auto, nè di effetti psicotici sulla chimica del nostro corpo, ho posto il quesito, e tutti arrivano a farlo, sulla radice reale del problema: la motivazione delle persone a mantenere un comportamento irresponsabile, mentre usano un MEZZO utile, ma potenzialmente pericoloso per loro e gli altri.

E allora, tornando alla crisi:
Perchè non si parla di questo?
Perchè le persone dovevano spendere a tutti i costi più di quello che guadagnavano?
Perchè pensavano di guadagnare la stessa cifra per anni non avendone certezza?
Perchè chi raccoglieva questi debiti non pensava che potevano non essere pagati?
Perchè chi li acquistava non si faceva scrupolo di rivenderli prima che la musica terminasse (ricordate quel gioco nel quale bisognava trovarsi a ballare con una dama e chi rimaneva solo era eliminato)?
Perchè fasce sempre più larghe di popolazione, manager o anche piccoli responsabili aziendali, hanno tenuto comportamenti moralmente illeciti creando danno ad altri per beneficio loro?
Perchè dovremmo sentirci felici solo se riusciamo a spendere quello che abbiamo e oltre?
Perchè non riprendiamo gli antichi costumi secondo i quali "progresso" significa anche "sacrificio attuale per un prossimo miglioramento" ?

Ma, sopratutto, la madre di queste e tante altre domande: che "ci azzecca" tutto questo con l'economia?

La crisi siamo noi, ciò che vogliamo dalla nostra vita, i valori, o non valori, che ci siamo messi in testa di perseguire, l'aver dimenticato che proprio grazie alla globalizzazione tutta la terra è un villagio globale e in un villaggio non si può star bene in pochi, perchè gli altri, prima o poi, si incazzano e poi stanno male tutti, come la storia ci insegna.
E, allora, smettiamola di fare i bambini e dare le colpe all'automobile perchè non ci porta dritti sulla strada, facendo finta di dimenticare che siamo noi che la conduciamo in stato di ebrezza.
Basta col cercare cause, inizio, fine di questa crisi fuori dai nostri comportamenti e motivazioni. Smettiamola di addossare la croce, ora, a quegli sfigati degli economisti, che si trastullano con modelli teorici potentissimi ma che perdono di efficacia nella complessità del quotidiano, come un cucchiaio di zucchero in un ettolitro di caffè, ora, ai politici, mercanti di consenso capaci di sostenere tutto e il suo contrario, purchè porti voti.

Cosa fare allora?

Ecco due idee.
Prima: cercare nuovi strumenti per comprendere e governare la realtà. Viviamo in un mondo complesso. Da sempre, l'uomo osserva l'ambiente circostante e cerca di comprenderlo per capirne il comportamento, se possibile prevederne le evoluzioni, adeguarsi al contesto, il tutto per averne un vantaggio di sopravvivenza e benessere. Questo esercizio è antichissimo e si è evoluto nel tempo, prendendo forme e contenuti diversamente potenti ed efficaci, secondo latitudini, usi e costumi culturali.
Nel mondo occidentale, ha preso il nome di scienza, ma saperi ugualmente efficaci si sono sviluppati in altre parti del mondo. Da queste pagine web, stiamo sostenendo un percorso, balbettando come bambini alle prime armi, perchè lo siamo come tutti oggi, per ricercare, a partire dalle scienze, idee e strumenti comprensibili a tutti e utili a progettare futuri diversi dal passato.
C'è stata una serata organizzata, per illustrare le idee della matematica; a breve ne organizzeremo una con lo stesso scopo sulla fisica. Altre ne seguiranno sulla biologia, le scienze neurologiche, la visione del mondo che deriva dalle religioni orientali e altro.
Lo scopo è quello di fornire strumenti nuovi, perchè quelli vecchi o sono consumati e non servono più, o sono obsoleti, hanno prodotto benefici fino a ieri e, oggi, producono danni.

La seconda: riscoprire i valori. Sono la bussola dei comportamenti costruttivi, della convivenza civile, del benessere collettivo, della sopravvivenza umana.
Oggi, ne abbiamo una prova concreta: una società senza valori collassa, danneggiando tutti i suoi membri e creando nuovi schiavi (ah se invece di parlare di economia si fosse parlato di più del rischio di perdita della dignità dell'individuo, dei diritti civili, del futuro delle attuali generazioni: quanto tempo guadagnato nella progettazione del "dopo" che tutti invocano!). Dove cercarli, o meglio, ricercarli, visto che i valori per l'umanità sono universali, senza tempo e luogo?
Per chi ha fede o è religioso, nei luoghi e nei libri di culto, ma esistono anche comunità laiche che ne esprimono. Il volontariato, ad esempio, oppure le mamme, che ognuno può osservare da vicino, essendo diffusissime e portatrici "genetiche" dei valori di base dell'umanità (affetto incondizionato, spirito di sacrificio per l'altro, ecc.). E, per favore, non solleviamo obiezioni banali che esistono i preti che abusano dei bambini, mullah che incitano al terrorismo, volontari che rubano e mamme snaturate. Il mondo non è perfetto: a noi l'onere di distinguere in ogni cosa il buono dal marcio.
Anche qui, ci piacerebbe distillarne i contenuti a beneficio di tutti e aprire un dibattito sul significato che tali valori hanno nella società moderna, ma, sopratutto, la loro importanza per quella prossima ventura.

E l'auto, i meccanici e le droghe, così come l'economia, la finanza e le banche, lasciamoli perdere per favore.

2 commenti:

  1. [Continua]

    L’infinito dubbio si è fatto infinito nulla e l’infinito nulla si è fatto uomo.

    Ed allora, un credo può diventare a lungo andare una minaccia all’assoluta presunzione di dimostrare il nulla.
    Non deve sembrare, d’altra parte, una oscura malvagità del nostro secolo, dovuto al fatto che siamo peggiori dei precedenti. Tutt’altro. Era un rischio che stava nella natura stessa del nostro guadagno: quello che si porta avanti è l’accettazione del dubbio, della meravigliosa fragilità del nostro essere umani, che ha appunto come contropartita il rischio di perdere il “metaconcetto” di credere. Per farla breve, se mi insegnano a credere in A, B, C elementi, chi lo fa mi da, oltre agli elementi A, B, C, la fede che non è separabile dagli elementi stessi A, B, C ma che viene parimenti ad essi appresa; non è tanto semplice, invece, passare il credere prescindendo dal contenuto di credo, che socialmente non viene veicolato. Esemplificando: se io volessi spiegare a mio figlio che cos’è un insieme è molto più semplice fargli un esempio che dargli la definizione di insieme.
    Ma cosa c’entra con gli incidenti stradali dovuti a giovani in stato di ebbrezza?
    Ne discende. In questa massa di confusione, abbiamo scambiato anche l’autonomia con la spontaneità, il primo stadio di sviluppo con l’ultimo, si direbbe. Chi fa quello che vuole è autonomo, ma l’autonomia non è il puro essere ciò che si vuole, bensì è la capacità di rimanere se stessi con la propria spontaneità attraverso un sistema di regole condiviso o realtà.

    “Nella foresta del ricordo
    Sorgi improvviso
    Tendici la mano
    Portaci in salvo.”

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  2. «Il senso più profondo della secolarizzazione è proprio questo. Nessuno ha vinto. Nessuno può vincere». (C. Taylor)

    In bilancio, la regola della partita doppia ci insegna per ogni valore di oggetto vi dev’essere un altro valore, di eguale importo e di segno opposto, che rappresenta la modalità di pagamento. Ma cosa è entrato, e cosa è uscito?
    Prima ho dato una occhiata a duemila anni di storia dico duemila, tanto per capirci.
    Le cose andarono grossomodo così.
    Fino al Romanticismo, nessuno aveva mai messo in dubbio una cosa. Era sempre stata data per assodata: esiste una sola maniera di spiegare il mondo. È la mia, forse è la tua, forse è un’altra. Ad ogni modo, ce ne sta una sola. Questa cosa qui, in matematica, si chiama isomorfismo: la realtà può essere spiegata solo in un modo.
    Punto.
    Poi, dal Romanticismo in poi, accade qualcosa di incredibile: si inizia a pensare che magari sia la tua maniera di vedere le cose che la mia funzionano entrambi, e pace alle anime nostre.
    Se non è più possibile, però, dire o la mia o la tua o un’altra, il problema si sposta da un’altra parte: almeno per me la cosa deve funzionare. Magari non ti convince, ma comunque deve funzionare. E giù con i sistemi formali perfetti, che magari non spiegavano tutta la realtà, ma che quello che facevano lo facevano bene.
    Ad un certo punto della storia arriva il bulletto di turno, un certo Kurt Godel, che attraverso i teoremi di incompletezza arriva a dire che i sistemi col cavolo che sono perfetti. Un sistema o è incoerente o è incompleto.
    La cosa, in realtà, venne vista come una vittoria del buon vecchio platonismo, che sosteneva l’esistenza di verità non dimostrabili, cioè la non assimilazione di dimostrabilità e verità in un unico concetto.
    Abbiamo raggiunto un importante traguardo, in effetti. Abbiamo affermato il valore della ricerca della verità “in assoluto”, ovvero sapendo che essa non potrai mai venir trovata e conosciuta appieno.
    Una rivoluzione colossale
    monumentale
    smisurata
    l’uomo che ricerca sapendo per certo di non trovare, di non poter dimostrare. Il perenne anelito dell’uomo ad andare oltre di sé si fa valore a sé e dimostra razionalmente alla ragione il suo diritto razionale di esistere

    Eppure.
    Tuttavia.

    Abbiamo confuso l’indimostrabilità di una cosa con la dimostrazione del suo contrario. Ed ancora: il pluralismo con il relativismo; la consapevolezza con la presunzione; l’apertura con l’assolutismo. Del resto, assomiglia molto l’infinito al nulla: è senza margini, il nulla, come l’infinito; ed immobile, il nulla, come l’infinito. Senza senso di marcia. Del resto con quale senso critichi il non senso?

    [Continua Sopra]

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.