venerdì 15 maggio 2009

E se al governo andassero le mamme?

Sui giornali e sulle televisioni continuano ad apparire dibattiti sulla crisi.
Quando finirà? Come sarà il mondo dopo? Come fare per uscire?
I mega esperti di turno si alternano sul podio invocando leggi dell’economia (ma esistono davvero? E se erano leggi perché non hanno funzionato?): difesa del capitalismo, libero mercato e altro.
In fondo si capisce che ognuno di noi guarda il mondo, aziende, mercato, società, come una cosa da controllare con “leggi”, appunto, e comandare a piacimento. Se non ci si riesce è perché la “legge” era sbagliata. Pervade dunque in tutti la convinzione che, per muovere lì, basta toccare qui, in maniera più o meno lineare.
Da queste pagine sosteniamo da tempo una tesi diversa, cioè che i sistemi di cui parliamo (azienda, mercato, società) sono “umani” dunque “complessi” e hanno bisogno di sistemi di governo ben più articolati e meno banali che le semplici leggine di cui siamo oberati.
La cultura della complessità, pur avendo basi scientifiche profonde, è empiricamente ben più diffusa di quel che crediamo. La conoscono, ad esempio, molto bene le mamme.
Una qualsiasi mamma parte da un punto di vista immensamente più avanzato rispetto al più quotato manager e il più seguito leader politico di oggi: l’oggetto del suo intervento, il figlio, non lo si può controllare in maniera prescrittiva. Certo, le regole, quando il bambino è cresciuto, servono, ma non bastano da sole e, soprattutto, non servono a creare quel clima di fiducia e collaborazione, presupposti indispensabili, forse unici, che consentono di raggiungere sani obiettivi di crescita.
Una buona mamma non forza il figlio ad essere a tutti i costi un campione in qualche disciplina, sportiva o scolastica, aborrisce il termine “competizione”, coglie al volo i primi segnali di disagio, interviene senza risparmio e riserve per il bene del figlio e, soprattutto, lo ama al punto tale da rinunciare al proprio interesse.
Quanti leader aziendali o politici hanno queste caratteristiche? Quanti oggi sono disposti ad andare contro il loro personale interesse, pur di salvaguardare il bene dell’oggetto gestito, sia esso azienda o paese? In passato, ce ne sono stati, anche molti, ma oggi?
E se l’origine vera della crisi che stiamo vivendo oggi non fosse proprio da ricercare in quest’ambito? Non dunque economica o finanziaria ma, proprio perché parliamo solo di queste, di vittoria dell’egoismo e incapacità di salvaguardare il bene comune.
Come possono essere i figli di una donna egoista, legata al denaro, tirannica e dispotica?
Risposta facile: come tutti noi adesso.
So che qualcuno di voi mi potrà tacciare di nostalgico e facile moralismo, ma le buone mamme crescono figli felici ancora oggi,  mentre noi, mi pare che non possiamo dire di essere in questo stato.
Inviterei più mamme ai dibattiti in tv, a candidarsi alle elezioni, a gestire le aziende e, perché no, a partecipare a questo blog con le loro esperienze e indicazioni, a mio avviso mai banali e preziose. E sopratutto le inviterei a dare il loro contributo all'Expo della conoscenza di cui abbiamo parlato, per far sì che la loro esperienza contribuisca a dare strumenti utili agli altri.
Viva la mamma!

19 commenti:

  1. allora consiglio a tutti questa lettura..per imparare ad essere mamme...

    http://erounabravamamma.blogspot.com/

    RispondiElimina
  2. grazie mille della citazione. hai perfettamente ragione quando dici "le buone mamme crescono figli felici", dove "buone" non sta per "perfette" ma per "coraggiose" e capaci, all'occorrenza, di improvvisare. e un mondo in cui ci fossero più mamme al potere sarebbe certamente più creativo e altruista di quello in cui attualmente viviamo. ma mi sembra che il cane - come troppo spesso accade - si morda la coda: noi mamme abbiamo a stento il tempo per respirare e il primo momento utile per lasciare un commento al tuo post per me è questo. come facciamo a trovare le energie per candidarci, partecipare ai dibattiti, gestire le aziende? provo a girare la domanda alle mie amiche blogger,
    paola

    RispondiElimina
  3. E io allora io invito tutti al MaM - mamma a mamma, qui:

    http://www.mammaamamma.com

    incotro tra mamme che si svolgera' a Milano il 23 maggio.

    E' vero quello che scrivi. Le mamme andrebbero ascoltate di più, non accantonate dalla società in quanto non più produttive dopo il parto. Non partoriamo mica il nostro cervello insieme al pupo! Quello resta al suo posto e, anzi, impara ad andare "più veloce" per poter star dietro a tutte le nuove esperienze che l'essere mamma comporta.
    Le mamme sono un bene prezioso: anche il governo e le grandi aziende dovrebbe iniziare a capirlo!

    RispondiElimina
  4. Sono assolutamente d'accordo che la maternità allena a caratteristiche che sarebbero utilissime
    nelle aziende e in politica, il punto è che temo che politica e aziende non lo capiranno poiché le persone che governano sono quelle che amano invece avere una "mamma" a disposizione per continuare a farlo senza problemi di gestione casa, figli. E che hanno nel Dna la convinzione che mamma si abbini alla parola "casa". E la difficoltà a gestire i tempi, come suggerisce Paola, è reale. Lavori in corso dunque. Ma lavoro che sta a noi portare avanti, cercando nuovi equilibri, non semplici da trovare. Infatti facciamo ancora una gran fatica.

    RispondiElimina
  5. Ho 4 anni di esperienza come mamma e in passato ho lavorato 4 anni in una multinazionale. Mi sembra evidente che chi gestisce le aziende non si preoccupa affatto del bene comune ma del proprio. Ero una semplice impiegata, ma non mi ci è voluto molto per capire che le riunioni non servivano a programmare il lavoro ma a favorire le lotte tra dirigenti … Forse non si può pretendere che i capi di governo o i manager pensino a ciò che gesticono come ad un figlio, ma basterebbe che costoro utilizzassero le doti delle mamme (anzi: dei genitori): in primis, la capacità di individuare le priorità, di programamre non solo nel breve ma anche nel lungo termine, di badare alla sostanza e non alle apparenze. Nessuna mamma di buon senso penserebbe a comprare un vestito nuovo al figlio quando invece va portato di corsa dal pediatra, quanti invece si comportano così con le aziende …
    Da quando sono mamma sono molto più responsabile e sicura di me come persona e quindi anche sul lavoro, faccio le cose più in fretta e meglio: non posso permettermi di restare dieci minuti in più, perchè devo correre a prendere il bambino all’asilo, non perdo tempo a bere caffè alla macchinetta né mi interesso di maldicenze o pettegolezzi che tanto spesso avvelenano il clima di lavoro e ne compromettono la produttività. Credo nel complesso di aver imparato a lavorare meglio. Peccato però che devo farlo saltellando da un posto precario all’altro perché in azienda non mi hanno concesso il part-time.

    RispondiElimina
  6. Per quanto riguarda il contributo che l'esperienza della maternità può dare al mondo del lavoro sono d'accordo con voi (anche se è per questo stesso motivo che ho lasciato il mio, e cioè: se devo stressarmi per seguire sul lavoro 'bimbi' dai 30 ai 65 anni allora sto con i miei!).
    In politica invece il discorso è diverso, secondo me. La mamma, anche la migliore, è politicamente egoista in quanto istintivamente concentrata sui bisogni del suo cucciolo e non c'è slancio ideale che tenga quando di mezzo ci sono la sicurezza, la felicità, la qualità di vita della sua prole. Il politico, al contrario, dovrebbe pensare al bene di una moltitudine di persone e per farlo bene, alle volte, purtroppo, deve prendere iniziative che possono scontentare il proprio 'cucciolo' di elettore e anche andare contro i suoi bisogni del momento. Forse in politica, come in casa, ci vorrebbe un po' più di 'paternità' e cioè di capacità di dare indicazioni morali con conseguenti soluzioni pratiche,
    di insegnare ad alzare il tiro dai bisogni primari a quelli
    secondari, insomma di rispolverare quei vecchi concetti di etica,
    giustizia, libertà. E dato che già in casa spesso le madri devono fare anche i padri ecco che lasciano il campo libero a uomini che fanno politica come le mamme (degli orsi grigi, però). Anna

    RispondiElimina
  7. qualche considerazione in ordine sparso. La maternità è grande scuola di vita e di esperienza: insegna la flessibilità, la gestione di una gran quantità di variabili previste e non (più quelle non), la soluzione anche fantasiosa di svariate questioni...Insegna ed esercita la pazienza, la capacità di ascolto. ci fa sperimentare cosa sia l'amore incondizionato. ci fa dimenticare un po' di noi stessi. Ed è un lavoro di grande responsabilità! E' poco forse crescere i cittadini del domani? Dal punto di vista strettamente biologico, inoltre, è stato rilevato che il cervello delle donne va incontro, dopo il parto, a modificazioni positive che ne incrementano le prestazioni. mi sembra notevole!

    RispondiElimina
  8. Grazie a tutti per gli interessanti spunti di riflessione. Vorrei aggiungerne uno: tutto sarebbe più facile, per noi donne e mamme, se ci fosse maggiore solidarietà femminile, partendo dai luoghi di lavoro e della politica, fino ai rapporti interpersonali.
    Ma eserciti di madri performanti e superorganizzate lanciano continue sfide a se stesse e alle proprie omologhe in una gara insensata a tutto campo. La carriera, la casa, la gestione dei figli, il profitto scolastico dei figli, le attività extrascolastiche dei figli, le relazioni sociali dei figli… Tutto dev’essere sotto controllo.
    Spesso mi imbatto in madri che non perdono occasione per ostentare i propri figli: su facebook, ad esempio, o addirittura ne fanno occasione per far riuscire meglio le loro serate di pr (vuoi mettere… quel mattacchione del mio bambino che tiene banco…?).
    Il figlio, per molte, l'agognato figlio, oggi il bene più raro e prezioso, talvolta non è che uno status symbol, che dev'essere concepito, partorito, debitamente accessoriato e irrobustito intellettualmente e fisicamente, a suon di attività extrascolastiche e marmellatine fatte in casa. (Perché la mamma performante riesce a fare anche questo, e te lo fa pesare…!!!)
    E loro, i figli? Loro sono magnifici, perché si adattano ai ritmi delle mamme, e diventano anche loro performanti. Peccato però togliere anche a loro, così presto, il piacere di oziare, di starsene a pensare, ad osservare il mondo senza dover correre a tutti i costi.
    Forse chi legge si riconoscerà in parte in questa escrizione che ha del mostruoso. Anch’io mi riconosco, meglio, faccio di tutto per discostarmi da questo tipo di donna e madre il più possibile. Ma i condizionamenti del nostro habitat sociale sono pressanti ed è difficile restarne immuni. Difficile, già, ma non impossibile.

    RispondiElimina
  9. Grazie a tutti per gli interessanti spunti di riflessione. Vorrei aggiungerne uno: tutto sarebbe più facile, per noi donne e mamme, se ci fosse maggiore SOLIDARIETA' FEMMINILE, partendo dai luoghi di lavoro e della politica, fino ai rapporti interpersonali.
    Ma eserciti di madri performanti e superorganizzate lanciano continue SFIDE a se stesse e alle proprie omologhe in una gara insensata a tutto campo. La carriera, la casa, la gestione dei figli, il profitto scolastico dei figli, le attività extrascolastiche dei figli, le relazioni sociali dei figli… Tutto dev’essere SOTTO CONTROLLO.
    Spesso mi imbatto in madri che non perdono occasione per OSTENTARE i propri figli: su facebook, ad esempio, o addirittura ne fanno occasione per far riuscire meglio le loro serate di pr (vuoi mettere… quel mattacchione del mio bambino che tiene banco…?).
    Le madri performanti sono molto competitive e frequentano in prevalenza madri simili a loro. La sfida così è più avvincente, che gusto c’è a vincere facile, con una come me, ad esempio, che dimentica la festicciola dell’amichetto d’asilo o sceglie di non iscrivere la propria creatura a danza?
    Il figlio, per molte, l'agognato figlio, oggi il bene più raro e prezioso, è anche uno STATUS SYMBOL, che dev'essere programmato, concepito, partorito, debitamente accessoriato e irrobustito intellettualmente e fisicamente, a suon di attività extrascolastiche e marmellatine fatte in casa. (Perché la mamma performante riesce a fare anche questo, e te lo fa pesare…!!!)
    Forse chi legge si riconoscerà in parte in questa descrizione, che ha del mostruoso. Anch’io in qualcosa mi riconosco, in qualche debolezza, qualche momento in cui ho desiderato essere UN PO’ PIU’ PERFORMANTE, ma faccio di tutto per discostarmi da questo tipo di donna e madre il più possibile anche se i CONDIZIONAMENTI del nostro habitat sociale sono pressanti. Da quando sono madre ho sentito il bisogno di essere una PERSONA MIGLIORE, non so se ci riuscirò, ma vale la pena di tentare...

    RispondiElimina
  10. Le categorie vanno maneggiate con cura perché rischiano di essere esclusivo-selettive. Esistono mamme buone e mamme cattive, purtroppo, quindi non credo che basti essere mamma per saper gestire, governare, fare politica o cambiare il mondo. Non è lo stato di madre che fa la differenza, ma il tipo di persona che sei e le esperienze che hai fatto. Qualcuna di voi pensa che la Mussolini, Moratti o Santanché siano migliori di tanti colleghi maschi? Eppure sono madri. E io mai vorrei essere loro figlia.

    RispondiElimina
  11. Carissimo Luciano

    Anch'io vorrei le mamme al governo, teoricamente, perchè son sicura che assolverebbero i miei,i nostri bisogni primari!!!!!!!

    Ma io mi chiedo : oggi che tipo di mamme abbiamo????

    La nostra società ha salvaguardato l'istinto femminile????

    Devo dire che ogni volta che ho avuto a che fare con donne- capo ho avuto dei problemi, erano fortemente disturbate, l'essere arrivate a quel punto era costato loro un prezzo altissimo ed erano diventate le brutte copie del maschio

    Siamo il paese più sessista d'Europa, alle rimostranze di Veronica Lario si è risposto con foto sue, giovanissima attrice, che aveva il topless in teatro, nella commedia "Il magnifico cornuto", con la compagnia di Enrico Maria Salerno, che non era un attore porno ma di tutto rispetto.

    Comunque in economia non si può essere infantili, l'economia, il diritto e i diritti regolano la convivenza civile e con questo mondo globale, con le diversità enormi che ci sono nel comunicare con gli altri, c'è la necessità di creare un'etica mondiale, è una sfida immensa, ma dobbiamo provarci se vogliamo un mondo migliore domani

    RispondiElimina
  12. Desidero ringraziare tutte coloro che hanno voluto dare un contributo alla discussione sollevata dalle mie considerazioni.
    Vorrei, proprio spinto dai vostri commenti, fare qualche passo avanti, se siete daccordo, nella direzione di una sintesi che spinga ognuno di noi a non rimanere nella pozza stagnante del nostalgico e struggente desiderio di un potenziale mondo perfetto, ma ad oggi irrealizzabile, o, peggio, dell' autocommiserazione disperata.

    Il problema del tempo sollevato da Paola è reale, ma la definizione delle priorità è in mano nostra. Leggo dal suo blog che sabato 23 Maggio partecipa la mattina ad una trasmissione radiofonica e il pomeriggio all'evento di MaM (a proposito ma è aperto anche ai padri?). Dunque per le cose ritenute di interesse il tempo si può trovare.

    Jolanda auspica che governi e aziende considerino di più le mamme. Manca però una proposta organica che enfatizzi le loro caratteristiche a prescindere dalla applicazione che oggi ne fanno (casa e figli). Infatti Candida, nell'ultimo intervento, teme con l'avvento delle mamme un approccio "infantile" a temi "seri" (?) quali l'economia e la politica.

    Marilde teme che la grande utilità della mamma a casa le recluda ad altri ambiti. E’ vero? Questa incompatibilità, voluta per motivi di comodo, è realmente insormontabile?

    Irene denuncia, attraverso la sua esperienza, ciò che tutti ormai sanno. Dunque è ora di una proposta articolata e credibile?

    Anna paventa il pericolo dell'istinto materno a protezione totale del cucciolo e che questo sia incompatibile con il bene comune che dovrebbe essere praticato in politica. Vero, come fare a superarlo?

    Micol mette l'accento su un punto importante: come insegnare i sani principi della maternità a prescindere da essa? Forse è questo il primo passo verso una sintesi?

    Francesca evidenzia il pericolo dell'autoreferezialità delle mamme, pericolo presente in qualsiasi categoria umana. Esistono dei modi per superarlo e passare ad una fase di sereno confronto sulle cose?

    Mariangela sottolinea che non tutte le donne che hanno passato nove mesi con un ventre in costante lievitazione possono definirsi automaticamente buone madri. Giusto, dunque vi sono delle caratteristiche precise che prescindono dai tratti fisiologici. Quali sono?

    Ed infine la mia amica Candida che denuncia con forza la mascolinizzazione del sesso femminile, quando decide di percorrere la via del potere, e l'augurio di "creare un'etica mondiale". Come si fa a creare le etiche mondiali? Esiste un metodo o ce lo dobbiamo inventare?

    Ecco ritengo che di carne al fuoco ce ne sia abbastanza, tutta succulenta e degna di essere "cucinata" a dovere. A questo proposito, oltre ad invitarvi a continuare a partecipare ai lavori di questo blog di cui vi prego di leggere il manifesto iniziale, lancio una proposta.
    Un dibattito virtuale via skype (per chi non lo conosce vada su www.skype.com o mi contatti) il giorno 9 giugno alle 20, comodamente sedute davanti al vostro PC a casa vostra.
    L'agenda l'avete già definita voi, io mi limiterò a "moderare" e proporre dei passi avanti alla ricerca di un "metodo" .
    Attendo vostre adesioni.
    Buon lavoro (di mamma e altro)
    Luciano

    RispondiElimina
  13. Eh, si, ma non mi dici la cosa più importante!
    Qual è il tuo nick su skype?
    ;)

    Io sono jolandajop

    RispondiElimina
  14. (Commento dopo il convegno di sabato 23 Maggio c/o Sole24ore)
    (Presente sul sito di www.mammaamamma.com)

    Brave, entusiaste ma…
    La mattina non ho potuto partecipare (facevi il mammo essendo rimasto solo con pupo, tredicenne ma sempre pupo è). Ho letto il riassunto degli interventi della mattina sul blog. Io se fossi stata una di voi mi sarei incazzata (mettendomi nei panni di una donna). Mi e’ sembrata una sfilata di contentini allo scopo di dare sollievo ad una posizione di “acclarata” inferiorità sociale per conciliare il sacro compito di “fabbricare persone” (come giustamente una di voi ha detto nel pomeriggio) e la “vera vita” che sarebbe quella giungla del quotidiano basata su valori di egoismo estremo e dove il lavoro è lo squallido ring che ne proclama il vincitore.
    No ragazze, secondo me il tema è un altro. Le mamme sono portatrici di una visione del mondo completamente diversa con valori, metodi, linguaggi molto più adeguati a gestire il casino di oggi (”mondo complesso” si chiama in un linguaggio più alto) rispetto agli scimmioni che governano (le aziende. il mercato, la società, il paese) e le bertucce che li imitano tentando di assomigliare a loro.
    Vi dirò di più: l’essere mamma è frutto di un lavoro di “Ricerca e Sviluppo”, per tirar fuori un termine aziendale, che ha alle spalle milioni di anni. Un patrimonio incomparabile che nessuna azienda, dottrina politica, movimento di opinione potrà mai vantare.

    Nel pomeriggio il tono non cambia. Piccoli o grandi esperimenti che vanno dalla ricerca della pace personale ad un tentativo di dare sollievo alle proprie simili che condividono questa apparente, per gli altri, sventura di essere mamme.
    Ripeto, secondo me la strada è ben altra: non dovete adeguarvi al mondo che c’è e vi tollera, dovete aspirare a cambiarlo. E questo non solo per “partorire” un mondo più adeguato a comprendere le vostre esigenze, ma per farne un posto migliore per tutti, a partire dai NOSTRI figli.
    Come fare?
    Secondo me facendo emergere quelle capacità di mamme, descritte in modo più o meno cosciente nei vari blog che ho sbirciato, indipendentemente dall’applicazione che ne fate voi adesso, altrimenti non sareste credibili o quello che avreste da dire non sarebbe comprensibile/utlizzabile dalle persone che non condividono il vostro stato (uomini, donne senza figli, ecc.).
    A tal proposito ho lanciato una iniziativa virtuale, conferenza via skype il 9 giugno alle 20 (mio account skype: luciano_martinoli), proprio per questo scopo.
    Anche io condivido, per altri motivi, il disagio e lo sconforto del momento e sono sicuro che vi è un unica soluzione: cambiare il mondo, non adeguarvici, facendo proposte concrete a partire da esperienze e conoscenze “diverse” che vanno dalle scienze alle culture esperenziali di pregio , e quello di mamma sicuramente lo è.
    Da tutto questo bisogna poi creare una sintesi nella quale ciascuno si debba ritrovare, per poi riproporla e accogliere nuove istanza.
    Impossibile?
    Certo se ci si limita a dire o a pensare che non è possibile!
    E voi lo sapete molto bene, vista la soddisfazione di alcune vostre testimonianze che ricordavano l’incredulità di poter essere mamma e la soddisfazione di esserci riuscite… tutti i giorni.
    Luciano

    RispondiElimina
  15. Se l'obiettivo era organizzare una conferenza su Skype, ok è un'occasione interessante di scambio. Però: non penso che le donne in genere siano migliori degli uomini e che tutte le mamme siano leader di successo (solo perché per 9 mesi hanno avuto il pancione) lo trovo riduttivo anche perché tutti i figli dovrebbero essere gioielli ed invece il mondo è pieno di amare delusioni. Non credo proprio che LA DIFFERENZA sia un buon punto di partenza per "cambiare il mondo" come suggerisci. Non sono d'accordo su quanto scrivi relativamente al MamCamp:"Piccoli o grandi esperimenti che vanno dalla ricerca della pace personale ad un tentativo di dare sollievo alle proprie simili". Spesso la imprenditrice genera lavoro per altre donne/mamme e questo secondo me è un modo CONCRETO di iniziare a cambiare il mondo con l'obiettivo di raggiungere un equilibrio tra presenza di figure maschili e femminili, entrambi indispensabili perché la società è fatta di bisogni MISTI. Inoltre favorendo l'incremento dell'occupazione femminile ed esorcizzando la condizione di neo-mamma: ossia facendo una presentazione come quella di mamma marsupio (con bimbo al collo) o considerando normalità quella di avere un neonato in carrozzina mentre si partecipa ad una conferenza, che io fino ad oggi non avevo mai visto, mi sembra già UN GRANDE PROGRESSO verso il cambiamento del mondo auspicato. E' il nostro modo di farci strada! Comunque grazie per lo spunto di riflessione.

    RispondiElimina
  16. Beh, io soo invece d'accordo con Luciano, sebne riconsca che il ruolo del padre sia fondaentale. Ma lamadre...ha delle doti innate che ortano ad acudire il figlio/a anche attraverso errori e delusioni.E lo dice una che ha fatto la primfiglia (e unica) a 35 anni e che pensava di non avere nessun senso materno...:)
    Caterina Della Torre
    www.dols.net

    RispondiElimina
  17. Luciano che proposta interessante. Il 9 vedo di metetrmi skype.
    A me il MAM non è piaciuto affatto e quando ne ho sentito parlare la prima volta non mi ha assolutamente entusiasmato.
    Da quando sono mamma sento di vivere in un ghetto e il mam mi ha dato solo l'ennesima conferma.
    Propongo un tema per il dibattito se ti va: il parto.
    Di parto le mamme non ne parlano. O meglio, ne parlano secondo una logica calcistica.
    La Libera Università delle Donne ha pubblicato un mio scritto al riguardo.
    http://www.universitadelledonne.it/parto.htm
    Nel mio blog avevo pubblicato la testimonianza di una mamma di Trieste:
    http://epidurale.blogspot.com/2009/01/il-burlo-garofalo-di-trieste-commenti.html
    L'esperienza di effe è più comune di quanto non s pensi e non nasce dalla medicalizzazione del parto.
    Nasce dall'assenza di diritti riconosciuti. Dall'assenza di libertà di scelta e di rispetto.
    Il discorso è molto complesso.
    Mi piacerebbe avere un tuo parere al riguardo.

    RispondiElimina
  18. “Non respingere i sogni perché sono sogni.
    Tutti i sogni possono
    essere realtà, se il sogno non finisce.
    La realtà è un sogno. Se sogniamo
    che la pietra è pietra, questo è la pietra.”

    P. Salinas


    Scrivere di una madre, anche della propria, non è cosa facile. Non per me, almeno. E tanto meno capire perché una madre è una madre. Ed ancora, come potremmo esserlo noi, che non siamo per il 50 %, né donne né madri.
    Tuttavia, le donne diventano madri e se ciò è possibile, deve darsi pure come possibile esaminare questa possibilità.
    Dunque le donne, talvolta, diventano madri.
    Ora mi fregierò, data la minorità del mio ingegno, di tre celebri contributi in letteratura sulla questione, che fanno capo a Rousseau, Winnicott e Jonas, per parlare un po’della cosa.
    Il primo era un filosofo, per giunta di matrice illuminista, cioè quella corrente di pensiero che mette l’emozione alla berlina e la ragione al centro. Tuttavia, era un illuminista un po’ atipico; in giro dicevano di lui: il primo dei romantici. Possiamo dire, per intenderci, che tirò così tanto il collo alla ragione da capire che da sola non bastava. E andò oltre. Questo certo Jean-Jacques Rousseau, espertissimo di politica e teorico di essa, scrive, tra le pagine del suo Discorso, che uomo e donna sono rispettivamente il versante orizzontale e verticale della croce, ovvero: l’uomo è l’Abramo, che sacrifica, che trova il valore, che ha il contatto con il deus; la donna, invece, l’Elisabetta che ama il suo uomo, che piange i suoi figli e che crea il domus. La cosa potrà sembrare, non lo nego, un trito discorso, tuttavia è come dire che l’uomo è filosofo e la donna il politico. Tanto è vero che il buon Gian Giacomo diceva che sulla donna e sulla femminilità – latu sensu – poggiava la società nel suo insieme.
    Il secondo si chiamava Donald Winnicott, psicologo e pediatra, uno dei più grandi mai vissuti, gira voce. Nel suo celebre La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Donaldo raccontava della madre che acquisisce una abilità, quella per l’appunto di essere madre, dal profondo del suo essere e che non è trasmissibile per apprendimento eteronomico. Al massimo, direi, da quanto i suoi siano stati buoni genitori con lei.
    Il terzo è Hans Jonas, uno dei maggiori teorici in campo bioetica. Anselmo cercava di dimostrare che il dover essere sta dentro l’essere e citava la madre per dirci che la preoccupazione che ha nei confronti del suo bimbo, immediata e non appresa da nulla e nessuno, ci fa capire che abbiamo dentro ciò che il bene è.

    Ora, bene, e dunque?

    Che la madre ha qualcosa di innato che attinge ad un bene universale e su cui si deve basare la società.
    Anzi non la società, l’insieme societario, il senso stesso di società.

    Io, davvero, non saprei dire in che modo rendere concreto – i filosofi dicono ipostatizzare – la madre.
    Forse, la realtà, sta proprio qui: nel fatto che non abbia senso rendere comandamento ciò che dev’essere la madre. Vi può essere fondazione del concetto di madre, ma non della madre stessa.
    Del resto, la grandezza stessa di un politico non è il suo programma, e nemmeno il suo partito: è la capacità di essere una persona vera e viva, la sola che può dare stabilità ad un paese, allo stesso modo della madre che può essere sufficientemente madre solo manifestando la vitalità del suo essere e dando così al bambino una stabilità che non è un insieme prescritto di regole, ma la forza che può essere data solo da essere dinamicamente, contraddittoriamente se stessi. Woody Allen ha centrato l’insight giusto, in un suo film. Si chiamava, se ricordo bene, La rosa purpurea del Cairo. In questo film un personaggio esce dallo schermo e si innamora di una donna che guardava continuamente il suo film; e quest’amore contende con l’altro, dell’attore che aveva interpretato quel personaggio e che dice alla donna di venire via con lui. Morale? La donna, tra la vita e la perfezione, sceglie la vita, sceglie l’uomo vero, benché bugiardo, contraddittorio, illineare.

    Che poi, e qui saltiamo di concetto, la abbandona.

    [Continua]

    RispondiElimina
  19. Salto.

    La donna sceglie l’uomo per sola forma, diremmo, perché tra le due dicotomie di vita e perfezione lui è vivo, vero e reale, e non per ciò che aveva in sé nell’esserlo. L’attore uscito dallo schermo – la battuta viene ripetuta più volte – era romantico, coraggioso, sincero e gran baciatore. E l’amava, cosa non da poco direi.
    Dunque, a dirla di concetto, l’estremizzazione dell’aspetto formale (l’esserci un forte io che tiene uniti le varie azioni che un uomo fa) vince sull’estremizzazione dell’aspetto contenutistico (le azioni stesse).

    Mettiamo in scala di vitalità, allora, alcune – prese così, senza pretesa per carità – azioni di rappresentanza democratica. Dal punto di vista appena enunciato, i referendum non hanno senso, in quanto visioni assolute di una cosa che di solito non è assolutamente etica, in un senso o nell’altro; dichiararsi, ad esempio, contro la guerra non equivale a dire che non combatterai se assalito. I programmi di partito, benché più vivi, si fondano sullo stesso principio della coerenza sistemica; dichiararsi a favore delle PMI o del cuneo fiscale o del lodo non equivale a dire che queste priorità non possano venire disattese alla luce di un altro avvenimento più urgente o di semplici nuovi sviluppi del mercato.
    Poi abbiamo il personalismo della rappresentanza. Ebbene, per quanto assurdo possa sembrare, solo questo può essere in grado, proprio in quanto viene demandata la responsabilità ad una persona viva e vera a cui fare, per l’appunto, affidamento.
    Il successo di Obama, in America, poggia anche su questo. Ed anche del Cavaliere in Italia.
    Quello che può essere notato, con rimpianto, forse, è che la forza di un premier può essere data più dal proprio modo di costruire il partito e la sua persona politica che da quello che ci mette dentro.
    Ancora una volta risuona, ma stavolta malamente, meglio una buona testa che una testa piena – quello che diceva Morin. Ovvero:
    meglio lo scheletro dei contenuti
    meglio l’imprenditore del politico
    meglio il commerciale della produzione
    meglio lo spessore che si avverte della persona che quello che dice
    meglio il carattere del cuore
    meglio gli estetici aforismi della lettura di un libro.

    Una forma così vuota che nemmeno Kant, si direbbe.

    Non è che ciò sia intaccabile. La realtà è che un regime democratico non può esistere se non sulla base del tessuto democratico che lo sostanzia; ed il tessuto democratico sono le persone che vivono in quello stato. E se il tessuto democratico funziona, la gente guarda all’Io in modo olistico e non particolaristico. Per così dire, noi subiamo l’influenza di forma proprio perché poco strutturati.
    Ora basterebbero dei sogni, per iniziare
    certo, si dirà, è una cosa più infantile che adulta
    il sogno è la variante infantile del progetto di vita di un adulto
    ma per una volta, fratelli, per questa volta soltanto
    partiamo
    dalla struttura delle cose.


    Link a La rosa purpurea del Cairo: http://www.youtube.com/watch?v=CiENeCIgzy0

    RispondiElimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.