martedì 3 marzo 2009

Pensieri trasgressivi intorno alla crisi



Stamattina, 3 marzo 2009, ho letto tre articoli che suggeriscono due visioni completamente diverse della crisi. Io sto con la seconda interpretazione, più nascosta, più difficile, ma più profonda. Certamente trasgressiva, rispetto alle opinioni correnti. Ma che suggerisce soluzioni molto più efficaci e praticabili. Oltre che più coinvolgenti ed emozionanti.

I primi due, che indicano le cause e le soluzioni che non condivido, sono gli articoli di fondo del Sole 24 Ore, a firma di Alberto Alesina e Ignazio Angeloni, e del Corriere a firma di Francesco Giavazzi.
Cosa sostengono? Che l’attuale crisi è una crisi di sfiducia degli investitori. Che basta riaccendere questa fiducia e il mondo riparte … più bello e più potente di prima … Cioè: la colpa della crisi è il disordine dei mercati finanziari. Rimettiamoci ordine e l’economia tornerà a correre.

L’altro è un articolo è di Paola Bottelli sul Sole 24 Ore il cui titolo è un ottimo riassunto del contenuto: “La moda ai tempi della recessione: così enfatica, così distante.”. L’articolo descrive, appunto, come le sfilate della appena conclusa settimana della moda abbiano presentato capi progettati solo per lo spettacolo mediatico. Ma uno spettacolo, come molti sospettano, che, anche se riesce ad andare in scena con squilli di trombe, non potrà risollevare il mercato. Scrive l’articolista “Molti imprenditori e top manager temono che ora i consumatori siano disposti a fare shopping solo con listini tagliati del 20-30%”.
Questo articolo suggerisce una visione opposta della crisi. Essa nasce nell'economia reale. Produciamo prodotti che interessano sempre meno e sono sempre meno sostenibili. Abbiamo un sistema produttivo e di distribuzione che è sempre meno sostenibile. Allora gli investitori si trovano di fronte ad imprese, produttive e di servizi, che stanno spegnendosi (mediamente, ovviamente) per perdita di significato e non hanno grandi progetti di nuove imprese nelle quali investire risorse. Allora si auto-creano “luoghi” di investimento che acquistano vita autonoma. Crescono e crescono tanto che ad un certo punto, inevitabilmente, iniziano a sembrare bolle. E quando una bolla si riconosce come tale non può che seguire la sua natura: scoppiare.

La distinzione tra le due tesi non ha solo una dimensione accademica. Le due tesi suggeriscono politiche economiche radicalmente opposte.

La prima tesi suggerisce una via “tecnocratica”: lasciamo che i tecnici progettino una nuova struttura dei mercati finanziari. La politica trasformi in leggi questo loro progetto. Diamo al tutto una pennellata di etica, cioè diventiamo tutti un po’ più buoni. E il gioco è fatto. La fiducia tornerà sui mercati finanziari e l’economia tornerà a correre. A questa via, oltre alla obiezione di fondo che la crisi ha origine nella economia e non nella finanza, propongo anche una obiezione “tecnica”. Ai tecnocrati che suggeriscono (nascostamente, perché non hanno il coraggio di dirlo) che sia la loro conoscenza a guidare il mondo, contesto la validità di questa loro conoscenza. Non sono il solo a farlo, ma vorrei porre la questione in questi termini: ci sarà qualche economista che accetta una discussione sui fondamenti (un dibattito epistemologico) delle attuali “leggi” economiche? Credo di no, perché la messa in discussione di una scienza priva i suoi detentori del potere, anche piccolo piccolo, che da essa deriva.

La seconda tesi suggerisce una via apparentemente più complicata. Ma anche, come ho anticipato, molto più emozionante e coinvolgente.

Occorre avviare un grande sforzo di riprogettazione, sociale e non tecnocratico, della economia e della società prossima ventura. Sembra una avventura impossibile? Ma è quanto stanno già iniziando a fare tutti, piccoli imprenditori in testa. Solo che lo fanno in sordina, con la paura che sia uno sforzo velleitario visto che tutti, sapienti e media, dicono che la soluzione può solo venire dall'alto, da riforme che vanno lasciate nelle mani di coloro che sanno e che possono.

Occorre, allora, diffondere la convinzione opposta: tutti voi che state immaginando un nuovo mondo, non fermativi, non accettate le prediche di coloro che vi spingono ad abbandonare la fiducia nel vostro potere sostanziale di costruire questo nuovo mondo.

Occorre, anche, creare un ecosistema perché questa progettualità diffusa sia moltiplicata in intensità ed efficacia. Solo per citare alcune “misure”: occorre dare agli imprenditori nuovi strumenti per moltiplicare la loro capacità progettuale. Il sistema finanziario deve imparare a riconoscere la progettualità che sarà feconda.

Occorre abbandonare i miti della competitività e della produttività. La competitività è una strategia intrinsecamente perdente. Infatti ogni battaglia competitiva finisce inesorabilmente in una competizione di prezzo dalla quale non si salva nessuno. La produttività è un ossimoro: che senso ha produrre sempre meglio cose che interessano sempre meno?

Da ultimo: occorre costruire la vera risorsa di fondo. Intendo riferirmi ad una nuova visione del mondo che sostituisca quella che sta alla base della società industriale, (non importa se nella sua versione capitalista o comunista): la visione delle sensate esperienze e certe dimostrazioni di Galileo. Esistono i “prodromi” di questa nuova visione del mondo e sono nati nell'ambito delle stesse scienze dalle quali è nata la visione galileiana del mondo. Sono tutti quei modelli e quelle metafore che vengono raccolte sotto il “cappello” della complessità.

1 commento:

  1. alcuni consigli per la crisi..che non esioste

    1) Non guardare alla crisi come ad una crisi ciclica
    2) Non salvare i settori decotti e indebitati (banche,assicurazioni,auto, immobiliare) per salvare il futuro delle sole elites responsabili del disastro
    3) Rifiutare la alternativa tra finanziare il consumo ( che è solo surrogato di una politica dei redditi e dei poteri) e finanziare l'investimento che è gestito dai responsabili del punto 2
    4) Riduzione dell'indebitamento, e nazionalizzzazione poco costosa della Banche e poi : puntare Puntare su educazione innovazione, sulla piccola e media impresa creativa, sulle energie alternative in particolare solare e nucleare.

    RispondiElimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.