sabato 20 dicembre 2008

Tanta libertà, tanta tecnica, tanto amore. Che farne ora?

Tra i tanti articoli apparsi sulla stampa riguardo la crisi dell'auto, mi ha colpito quello di Henning Sussebach pubblicato recentemente sul settimanale tedesco Die Zeit.
Il giornalista compie un viaggio di 1500 chilometri sulle autostrade tedesche, da Monaco a Flensburg al confine con la Danimarca, ma più che per le città percorre un viaggio tra gli automobilisti.
In coda su un'autostrada per un incidente, osservando i vicini nelle loro auto lustre, i bambini sui seggolini, la vita all'interno di queste scatole veloci, si lascia andare all'esclamazione che ho riportato nel titolo.
Trovo che Sussebach abbia centrato il problema, con questa semplice battuta, meglio di tante analisi tecnico-economiche di cui siamo stati inondati in questo periodo.
L'industria dell'auto, come tutte le industrie, è industria dei sogni.
Un prodotto di successo, un mercato in espansione ha relazioni con margini, market-share e fatturato così come il tasso di colesterolo o della glicemia nel sangue di Dante Alighieri con la Divina Commedia.
La vera domanda da porsi è quella di Sussebach e credo che il reale motivo della crisi risieda proprio nella perdita di senso in cui sia caduta l'industria dell'auto.
Come tutte le industrie, crescendo e perdendo i loro Eroi, gli imprenditori che l'hanno fatta emergere (Agnelli senior, Ford, Benz, Romeo, Ferrari e tanti altri in Europa USA e Giappone) la macchina produttiva automobilistica ha perso via via la capacità di rimanere attaccata in modo viscerale al suo cliente, comprenderne le esigenze emotive e tradurle in un qualcosa che avesse senso per tutti (produttore e consumatore, o meglio, poeta e ascoltatore). I "mannàgger" che si sono succeduti a questi "poeti" hanno creduto che la magia creata da quegli uomini potesse essere perpetuata all'infinito semplicemente agendo sulle variabili quantitative, perdendo il contatto con la complessa e ampia sfera di bisogni intangibili, in costante trasformazione e spesso contraddittori (mobilità versus automobile, potenza vs. ambiente, bellezza vs. costo, ecc.) della comunità da SERVIRE e non di cui servirsi.
L'auto ha significato per noi tutti energia, libertà, identità, tecnica, amore e tanto altro ancora. Qualcuno può sostenere che siano bisogni decaduti? Penso proprio di no, il problema è che l'auto, così come è adesso, non li soddisfa più ed è su questo che dovrebbero concentrarsi gli industriali di questo come di altri settori in crisi.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.